mercoledì 29 giugno 2011

Sei Errori Fondamentali dell'Attuale Ortodossia #2




Seconda ed ultima parte. Qui il link alla Prima Parte.

[Estratto da Independent Review (Inverno 2010). Un file audio MP3 di questo articolo, narrato da Colin Hussey, è disponibile per il download.]




__________________________________


di Robert Higgs


Il Capitale e la Sua Struttura

Come già evidenziato in precedenza, il volgare Keynesiano vede la riserva di capitale come "data". Se riflette sulla quantità totale, la considera come una sorta di enorme eredità del passato ed afferma che nulla di quello che potrebbe essere aggiunto o sottratto da essa nel breve termine la cambierà abbastanza da causare preoccupazioni. Ma se presta solo poca attenzione al capitale, non ne presta alcuna alla sua struttura: i raffinati schemi della specializzazione e dell'interrelazione tra le innumerevoli forme specifiche di beni capitali, rappresentati dal risparmio passato e dall'investimento. In questo modello d'analisi, non conta se le imprese investono in nuovi telefoni oppure in nuove dighe: il capitale è il capitale è il capitale.

Visto che in questo modello la struttura della riserva di capitale è disgregata — anche i distinti economisti, come Frank Knight, hanno insistito che la riserva di capitale è essenzialmente un blocco indifferenziato di eguale valore monetario (Hennings 1987, 330) — non viene data nessuna attenzione a come i cambiamenti nei tassi d'interesse possano generare cambiamenti nella struttura della riserva di capitale. Dopo tutto, che genere di differenza può fare un tale cambiamento? Questa ostinata cecità ha fatto si che molto economisti, incluso il recente premio Nobel Paul Krugman (1998), abbiano travisato la teoria Austriaca del ciclo economico come una teoria sugli "investimenti in eccesso", cosa che certamente non è.

Invece la teoria introdotta da Ludwig von Mises e F.A. Hayek nella prima metà del ventesimo secolo — una teoria che è quasi caduta nel dimenticatoio dopo la rivoluzione Keynesiana in macroeconomia — è una teoria sugli investimenti improduttivi, ovvero una teoria di come un tasso d'interesse artificialmente ridotto conduca le imprese ad investire nel tipo sbagliato di capitale, in particolare nei beni capitali con una vita più lunga, come edifici residenziali ed industriali, rispetto a quelli con una vita relativamente breve come le scorte, l'attrezzatura ed i macchinari. Così, secondo il punto di vista Austriaco, i bassi tassi d'interesse indotti dalla FED, come quelli tra il 2002 ed il 2005, hanno condotto le imprese a sopravvalutare i progetti a lungo termine e direzionare i loro investimenti in questa direzione — scatenando boom nell'edilizia, tra le altre cose. Questo direzionamento avrebbe senso in economia se il tasso d'interesse fosse diminuito in un libero mercato, segnalando pertanto che le persone desiderano rinviare un consumo maggiore risparmiando maggiormente dai loro guadagni.

Ma se le persone non hanno cambiato le loro preferenze in questo modo e continuano a preferire la consumazione presente come facevano in precedenza, allora le imprese incapperanno in errori scegliendo questi tipi di progetti d'investimento, i quali sono, in effetti, tentativi di anticipare richieste future che non avverranno mai. Quando infine i progetti iniziano a fallire, il boom che i tassi d'interesse hanno artificialmente messo in azione sfocerà nel bust, con relative bancarotte e disoccupazione, poichè i progetti insostenibili sono liquidati e le risorse sono spostate — in molti casi in modo doloroso — verso usi più produttivi.

Visto che il volgare Keynesiano è cieco a queste micro-distorsioni ed al bisogno di essere corrette subito dopo un boom artificialmente indotto, fallisce nel vedere il bisogno delle bancarotte e della disoccupazione che necessariamente accompagnano una sostanziale ristrutturazione economica. Egli presuppone: se solo il governo entrasse in gioco ed usasse la sua spesa a deficit per compensare l'investimento privato ridotto e la spesa al consumo, allora l'economia sarebbe risanata ed i lavoratori impiegati di nuovo senza alcuna ristrutturazione economica.

Non c'è da sorprendersi, quindi, se le persone che pensano secondo queste linee stiano attualmente lavorando per continuare una politica che contribuisca enormemente a produrre il boom insostenibile del 2002-2006, ovvero prestiti sussidiati ad aspiranti proprietari di case che non soddisfano i normali requisiti commerciali per ricevere tali prestiti. Al volgare Keynesiano non viene in mente che molte risorse sono state direzionate in costruzioni di case e condomini e che i prestiti a proprietari di case che non possono permettersi di comprare una casa a meno che non vengano aiutati con sussidi, segnalano un uso non-economico delle risorse a spese dei contribuenti che direttamente o indirettamente finanziano questi sussidi.



Investimenti Improduttivi e Pompaggio di Denaro

Con la loro grande e semplice fiducia nell'efficacia della spesa del governo come una bilancia macroeconomica, i volgari Keynesiani trascurano l'investimento improduttivo, passato e futuro, e sostengono la spesa in eccesso del governo tramite le sue entrate, la differenza può essere coperta dai prestiti. Ovviamente favoriscono le azioni della banca centrale per rendere simili prestiti più a basso prezzo per il governo. Infatti preferiscono cronicamente il "denaro facile" a politiche più restrittive della banca centrale.

Come evidenziato in precedenza essi preferiscono il denaro facile, non solo perchè abbassa il costo visibile del finanziamento a deficit della spesa del governo, ma anche perchè induce gli individui a prendere in prestito più denaro ed a spenderlo per beni di consumo — tale incremento nella spesa al consumo è come sempre vista come una buona cosa, malgrado il tasso a zero dei risparmi degli individui negli Stati Uniti negli anni recenti. Riflettendo sul comportamento del volgare Keynesiano nei confronti della politica della FED, continuo a ricordare una vecchia canzone country il cui ritornello era: "older whiskey, faster horses, younger women, more money".

I volgari Keynesiani non spendono molto tempo a preoccuparsi della potenziale inflazione; al contrario, sono ossessionati da un paura irrazionale anche per il minimo accenno alla deflazione. Se l'inflazione dovesse diventare un problema innegabile, potremmo contare su di loro per sostenere il controllo dei prezzi, che, sulla base della vaga conoscenza di simili controlli durante la Seconda Guerra Mondiale, sono convinti che possano essere fatti funzionare bene.



Regime di Incertezza

I volgari Keynesiani non sono nient'altro che attivisti politici. Come Franklin D. Roosevelt, credono che il governo debba "fare qualcosa" e se non funziona provare qualcos'altro (Roosevelt 1933, 51). Ancora meglio se il governo prova un insieme di cose subito e, se il trucco non riesce, continuare a versare più denaro su di esse e provare qualcos'altro per stimolare.

Le ere che vengono stimate come le più gloriose nella storia politico-economica degli Stati Uniti sono il primo mandato di Roosevelt come presidente ed i primi anni della presidenza Lyndon B. Johnson. In questi periodi abbiamo assistito ad uno sfogo di nuove misure governative per spendere, tassare, regolamentare, sussidiare ed in generale creare danni economici su vasta scala. I piani ambiziosi dell'amministrazione Obama per l'azione di governo su molti fronti, riempiono i volgari Keynesiani di speranze secondo cui è iniziato un terzo Grande Balzo in Avanti.

I volgari Keynesiani non comprendono che l'attivismo per politiche estreme potrebbe funzionare a discapito della prosperità economica creando quello che io chiamo un "regime di incertezza", un'incertezza pervasiva sulla reale natura dell'ordine economico incombente, specialmente sul come il governo tratterà i diritti della proprietà privata in futuro (Higgs 1997). Questo tipo di incertezza scoraggia in special modo gli investitori che vogliono mettere denaro in progetti a lungo termine. Tale investimento, che è quasi scomparso dopo il 1929, non si riprese completamente fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Più di un osservatore nei mesi recenti ha commentato che il regime di incertezza è scaturito dalla frenetica serie di salvataggi del governo, dalle infusioni di capitale, dai prestiti d'emergenza, dalle nazionalizzazioni, dai pacchetti di stimolo e da altre misure straordinarie ammassate in un periodo inferiore ad un anno (si veda, per esempio, Boettke 2008, Gonigam 2009 e Lam 2009). Con l'amministrazione Obama al comando, le prospettive paiono favorevoli per una continuazione di questo tipo di attivismo politico frenetico. Non può aiutare e potrebbe procurare danni in grande quantità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


__________________________________________________________________

Riferimenti

Boettke, Peter. 2008. "Regime Uncertainty." The Austrian Economists, 6 ottobre.

Cantor, Paul. 2002. "Keynes and the Pyramids." Mises Daily, 14 ottobre.

Gonigam, Dave. 2009. "Regime Uncertainty." The Daily Reckoning, 4 marzo.

Hennings, K. H. 1987. "Capital as a Factor of Production," in The New Palgrave: A Dictionary of Economics redatto da John Eatwell, Murray Milgate e Peter Newman, 327–33. New York: Stockton Press.

Higgs, Robert. 1997. "Regime Uncertainty: Why the Great Depression Lasted So Long and Why Prosperity Resumed after the War." The Independent Review 1, no. 4 (primavera): 561–90.

Keynes, John Maynard. 1936. The General Theory of Employment, Interest, and Money. New York: Harcourt, Brace and World.

Krugman, Paul. 1998. "The Hangover Theory: Are Recessions the Inevitable Payback for Good Times?", Slate, 4 dicembre.

Lam, Carlos. 2009. "'Regime Uncertainty' Further Delays Economic Growth." Seeking Alpha, 3 aprile.

Mankiw, N. Gregory. 2009. "It May Be Time for the Fed to Go Negative." New York Times, 18 aprile.

Roosevelt, Franklin D. 1933. Looking Forward. New York: John Day.

Samuelson, Paul A. 1948. Economics: An Introductory Analysis. New York: McGraw-Hill.

__________________________________________________________________


Nessun commento:

Posta un commento