venerdì 26 agosto 2011

Consenso dei Governati?

Nei sistemi politici di oggi, e soprattutto in quelli democratici, ogni politico vive in stretta conformità con questa frase di Lev Tolstoj: "Siedo sulla chiena di un uomo, soffocandolo, e facendo in modo che mi porti dovunque, e tuttavia rassicuro me e gli altri che mi dispiace molto per lui e desidero alleviare la sua sorte con ogni mezzo possibile, tranne scendere dalla sua schiena." -- Scritti sulla Disobbedienza Civile e la Non Violenza, 1886.

PS: Aggiornamento sulla situazione in Libia.
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di Robert Higgs


[The Beacon, 1 Giugno 2010]


Cosa dà il diritto ad alcune persone di governarne altre? Come minimo al tempo di John Locke, la rispotsa più comune ed apparentemente obbligata sarebbe stata "il consenso dei governati". Quando i rivoluzionari nord-americani avevano intenzione di giustificare la loro secessione dall'Impero Britannico, dichiararono tra le altre cose: "I governi sono istituiti dagli Uomini, derivando il loro giusto Potere dal Consenso dei Governati." Suona bene, specialmente se uno non ci pensa intensamente o a lungo, ma più a lungo ci pensa, più problematica diventa la frase.

Iniziano a saltare alla mente una caterva di domande. Ogni persona deve porre il proprio consenso? Se no, quanti devono e quali opzioni hanno coloro che non acconsentono? Che forma deve prendere il consenso — verbale, scritta, esplicita, implicita? Se implicita, come deve essere registrata? Data la composizione della società in costante cambiamento, dovuto a nascite, morti ed immigrazione internazionale, quanto spesso i governanti devono confermare che posseggono il consenso dei governati? E così via. La leggitimità politica presenta una moltitudine di difficoltà quando ci muoviamo dal reame dell'astrazione teorica a quello della realizzazione pratica.

Pongo questa domanda perché, riguardo il cosiddetto contratto sociale, ho spesso avuto occasione di protestare che nemmeno io l'ho visto questo contratto, per non parlare della mia approvazione. Un contratto valido richiede un'offerta volontaria, accettazione e considerazione. Non ho mai ricevuto un'offerta dai miei governanti, quindi sicuramente non ne ho mai accettata una; e piuttosto che la considerazione, ho ricevuto nient'altro che disprezzo dai governanti, che, nonostante la mancanza di un accordo, mi hanno indubbiamente minacciato con seri danni nel caso in cui fallissi nell'osservare i loro decreti.

Quanta monumentale sfacciataggine esibiscono queste persone! Cosa da loro il diritto di derubarmi e darmi ordini? Sicuramente non il mio desiderio di essere una pecora affinché loro possano tosarmi o macellarmi come ritengano più opportuno per il raggiungimento dei loro stessi fini.

Per di più, quando approfondiamo l'idea del "consenso dei governati" fin nei minimi dettagli, l'intero concetto diviene velocemente e totalmente assurdo. Considerate come funzionerebbe. Colui che vorrebbe essere un governante si avvicina a voi e vi offre un contratto affinché voi lo approviate. Ecco, egli dice, l'accordo:

Io, la prima parte in causa ("il governante"), prometto di:

  1. Determinare quanto del tuo denaro mi consegnerai, come anche in che modo, quando e dove il trasferimento sarà operato. Non avrai modo effettivo di discutere sulla questione, a parte supplicare per la mia pietà, ma se tu dovessi fallire nell'obbedirmi, i miei agenti ti puniranno con multe, imprigionamento e (nel caso della tua persistente resistenza) la morte.

  2. Fare migliaia e migliaia di regole a cui tu devi obbedire senza questionare, altrimenti subirai la punizione dei miei agenti. Non avrai voce in capitolo nel determinare il contenuto di queste regole, le quali saranno così numerose e complesse ed in molti casi oltre la tua comprensione che nessun essere umano potrebbe capire a parte una manciata di essi, per non parlare del loro carattere specifico; tuttavia se tu dovessi fallire nell'osservare ognuna di queste, mi sentirò libero di punirti nell'estensione di una legge fatta da me e dai miei colleghi.

  3. Fornire per il tuo uso, su termini determinati da me e dai miei agenti, i cosiddetti beni e servizi pubblici. Sebbene tu possa praticamente porre valore su alcuni di questi beni e servizi, la maggior parte avranno poco o valore nullo ai tuoi occhi ed alcuni li troverai completamente odiosi; in nessun caso come individuo avrai voce in capitolo su beni e servizi che fornisco, malgrado qualsiasi panzana degli economisti sul fatto che tu "voglia" tutta questa roba e le dia un valore qualunque sia l'ammontare di denaro che io scelgo di spendere per la sua fornitura.

  4. Nel caso di un conflitto tra di noi, i giudici grati a me per la loro nomina e per i loro stipendi decideranno di risolvere il conflitto. Puoi aspettarti di perdere in queste risoluzioni, semmai vengano ascoltate.

In cambio dei suddetti "benefici" di governo, tu, la seconda parte in causa ("il cittadino"), prometti di:

  1. Stare zitto, non sollevare polveroni, obbedire a tutti gli ordini emessi dal governante e dai suoi agenti, inchinarti a loro come se fossero persone importanti ed onerevoli e quando loro dicono "salta" tu devi chiedere solamente "quanto in alto?"


Che affare! Riuscite ad immaginare una qualsiasi persona sana di mente che possa acconsetire a ciò?

Tuttavia la suddetta descrizione del vero contratto sociale in cui gli individui si dice siano entrati è troppo astratta per catturare la cruda realtà dell'essere governati. Nell'enumerare i dettagli, nessuno ha superato Pierre-Joseph Proudhon che ha scritto:

Essere GOVERNATO significa essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, legiferato, regolamentato, recintato, indottrinato, catechizzato, controllato, stimato, valutato, censurato, comandato, da parte di esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù. Essere GOVERNATO vuol dire essere, ad ogni azione, ad ogni transazione, ad ogni movimento, annotato, registrato, censito, tariffato, timbrato, squadrato, postillato, ammonito, quotato, collettato, patentato, licenziato, autorizzato, impedito, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire essere tassato, addestrato, taglieggiato, sfruttato, monopolizzato, concusso, spremuto, mistificato, derubato, e, alla minima resistenza, alla prima parola di lamento, represso, emendato, vilipeso, vessato, braccato, tartassato, accoppato, disarmato, ammanettato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito, e per giunta schernito, dileggiato, ingiuriato, disonorato, tutto con il pretesto della pubblica utilità e in nome dell'interesse generale. (da Idée générale de la Révolution au XIXe siècle (1851), Paris, Rivière, 1923; trad. it. L'idea generale di rivoluzione nel XIX secolo, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 2001.)


Oggigiorno, ovviamente, dovremmo completare l'ammirevole esposto di Proudhon notando che il nostro essere governati implica l'essere elettronicamente monitorati, tracciati da satelliti, perquisiti a piacimento e invasi nelle nostre proprietà da squadre di polizia SWAT, spesso sotto il pretesto dell'annullamento del nostro diritto naturale a decidere quali sostanze ingerire, iniettarci o inalare in quello che di solito viene chiamato "nostro stesso corpo".

Così, per ritornare alla domanda sulla legittimità politica determinata dal consenso dei governati, pare che dopo una sobria riflessione l'intera idea sia fantasiosa come gli unicorni. Nessuno sano di mente, eccetto forse gli incurabili masochisti, acconsentirebbe volontariamente ad essere trattato come i governi trattano in effetti i loro cittadini.

Ciononostante molti pochi di noi in questo paese sono attivamente impegnati in rivolte armate contro i nostri governanti. Ed è precisamente questa assenza di assoluta rivolta violenta che, strano a dirsi, alcuni commentatori prendono come prova del nostro consenso per i modi oltraggiosi con cui il governo ci tratta. Accettazione forzata, tacito consenso, tuttavia, non sono la stessa cosa del consenso, specialmente quando le persone acconsenzienti, come me, sono in lenta ebollizione, in rassegnazione sdegnata.

Per la cronaca, posso dire in assoluta franchezza che io non approvo il modo in cui vengo trattato da bugiardi, ladri ed assassini che modellano secondo i loro capricci il governo degli Stati Uniti d'America o da coloro che costituiscono la piramide di tirannia dei governi statali, locali ed ibridi che appestano enormemente questo paese. Il mio sincero desiderio è che tutti questi individui facessero, almeno per una volta nelle loro spregevoli vite, una cosa onorevole. A tale riguardo, suggerisco che diano seria considerazione al seppuku. Che impieghino una spada aguzza o smussata, non me ne importa, fintanto che portano l'atto a compimento.

Ogni qual volta scrivo le suddette righe, ricevo sempre messaggi da persone sottosviluppate che, immaginando che io "odi l'America", mi dicono di andarmene da questo paese e ritornare da dovunque io provenga. Reazioni simili non solo evincono maleducazione, ma un fraintendimento della mia lamentela.

Affermo con convinzione che io non odio l'America. Non sono nato in qualche dispotismo estero, ma in uno interno conosciuto come Oklahoma, che mi rendo conto sia il cuore che l'anima di questo paese fintanto che si parla di cultura e raffinatezza. Per di più, per quello che vale, alcuni dei miei antenati sono vissuti in Nord America secoli prima che un manipolo di uomini bianchi logori e morti di fame raggiungessero la riva di questo continente, piantassero la loro bandiera e rivendicassero a nome di qualche schifoso monarca europeo tutta la terra che potevano e non potevano vedere. Che facce toste!

Non devo rendere conto a nessuno del mio affetto per la Statua della Libertà, le Montagne Rocciose e le onde color ambra del grano, senza parlare delle rane di Calaveras County. Così quando sono invitato ad andarmente dal paese, mi sento come se vivessi in una città presa dalla James Gang dove mi viene detto che se non voglio essere derubato e maltrattato da energumeni, dovrei andarmene. Secondo me, sarebbe meglio se fossero i criminali ad andarsene.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Ciao Johnny
    sottoscrivo questo bellissimo articolo parola per parola!

    Oggi girellavo sul web per monitorare la situazione (e mi sono anche incavolata nera perché i due soldi che teniamo sono in CHF, grazie signori dell'UBS, avete trovato un sistema per affossare il franco). Così sono venuta a trovarti.
    E' un periodo un poco convulso per me, sto impacchettando la casa e con mio marito stiamo cercando (nel caos generale) di decidere cosa fare prima di partire per la Colombia.
    Così leggo pochissimo sul web.

    Tu tutto bene?

    p.s. perché non apri (non c'è il minimo) una posizione con Gold Money e metti il loro banner (devi aprire una posizione per farlo) sul tuo blog?
    Fai un'opera pia e tu ci guadagni qualche cosa.

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  2. Ciao niki.

    Sempre un piacere ritrovarti su questi lidi. Il trasloco è la peggior maledizione che si possa lanciare su una persona, capisco cosa stai passando :)

    Per me tutto regolare, continuo imperterrito ad amministrare al mio meglio Freedonia. Finora mi ero fermato con Paypal infatti, ma stavo prendendo in considerazione anche l'idea di aggiungere qualche banner; adesso mi faccio un giro su GoldMoney. Grazie della dritta.

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  3. Complimenti e grazie per l'articolo, veramente bellissimo.

    Oltre a goldmoney ti consiglio di pubblicare anche un indirizzo bitcoin, non costa nulla e per chi lo usa inviare una piccola cifra è una questione di un attimo.

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  4. Ciao Dusty. Grazie per il tuo supporto.

    Per quanto riguarda GoldMoney c'ho rinunciato; come mi ha poi avvertito niki, se non ci sono in ballo grandi somme si può incorrere in dispiaceri che non possono essere curati molto facilmente. Burocrazia a non finire poi, non è il meglio della pubblicità. Dato che devo contare anche i centesimi quando mi impegno in qualunque spesa, preferisco soprassedere per ora :)

    Per Bitcoin hai ragione, adesso mi adeguo.

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