mercoledì 30 novembre 2011

La Fase di Liquidazione ed i Margini di Profitto #1

«Scopriremmo, infatti, che le definizioni di Keynes di "risparmio" ed "investimento" che li rendono necessariamente uguali (anzi "aspetti meramente diversi della stessa cosa," p.74) hanno creato grande imbarazzo ai Keynesiani e confusioni e contraddizioni al maestro. L'imbarazzo per i Keynesiani proviene non solo dal fatto che Keynes definì in questo modo il "risparmio" e "l'investimento" da renderli spesso ineguali (o occasionalmente uguali per una sorta di incidente felice), ma dal fatto che le definizioni nella General Theory creano molte difficoltà nelle successive dottrine keynesiane. In effetti, Keynes abbandona queste definizioni, senza preavviso al lettore, nella seconda parte della General Theory, e torna al suo vecchi concetti.» -- Henry Hazlitt, Failure of the "New Economics": An Analysis of the Keynesian Fallacies

[Prima Parte di Due]

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di Paul Cwik & Harry Veryser


[Cobden Centre, 2011]


La teoria Austriaca del ciclo economico ha guadagnato attenzioni dalla stampa popolare e dai circoli politici sin dall'inizio della più recente recessione (Dicembre 2007). Mentre il boom artificiale ed i successivi investimenti improduttivi combaciano con la teoria Austriaca, la domanda nella stampa popolare è: "Quale politica economica è la migliore per alleviare la recessione?"

Comunque, per un economista Austriaco, questa domanda è malposta. Dovrebbe essere: "Quale politica economica converte in modo migliore gli investimenti improduttivi in strutture di capitale economicamente percorribili?" perché solo attraverso una struttura di produzione rigenerata può avere luogo una crescita sana.

Questo documento analizza, dal punto di vista delle aziende, le varie politiche che sono attualmente in uso (Keynesianismo moderno) per curare la recessione e contrasta queste politiche con quelle che raccomanderebbe un'analisi Austriaca del ciclo economico.



Introduzione

Il collasso del mercato immobiliare ha rinnovato l'interesse nelle teorie del ciclo economico. La teoria Austriaca del ciclo economico ha iniziato a guadagnare attenzione dalla stampa popolare e dai circoli politici, perché la teorizzazione Austriaca del boom combacia meglio con la bolla immobiliare rispetto alle teorie mainstream.

Sfortunatamente, il punto centrale degli Austriaci è stato quello di spiegare come il boom inevitabilmente conduca al bust, tralasciando le fasi di liquidazione e di ripresa. In sostanza, la teoria Austriaca del ciclo economico (ABCT) non ha sottolineato gli effetti della recessione come hanno fatto anche le altre grandi scuole. Questo documento tenta di riempire questi vuoti ed esplora le meccaniche di come l'economia converte gli investimenti imoproduttivi in strutture di capitale utilizzabili.

Secondo l'ABCT standard, il boom è generato da un'espansione del credito, abbassando i tassi d'interesse e deformando la struttura dei tassi d'interesse. Gli imprenditori sono fuorviati da questi falsi segnali ed iniziano ad imbastire investimenti improduttivi. Questo boom è artificiale e non può essere sostenuto. Il punto di inversione superiore del ciclo economico arriva come una crisi. Si manifesta come una crisi del credito, una crisi delle risorse reali, o una combinazione delle due.

Una crisi del credito appare se la banca centrale rallenta il tasso di espansione monetaria o lo ferma del tutto. Una crisi delle risorse reali appare se si manifesta una mancanza di beni capitali.

Il risultato del boom artificiale e l'aumento di capitale investito improduttivamente è un disallineamento nella struttura di capitale dell'economia. Per rettificare questa situazione, il capitale investito improduttivamente deve essere riallocato. La riallocazione del capitale verso una struttura di produzione sensata è la fase di liquidazione del ciclo economico (conosciuta anche come "la recessione"). La fase di liquidazione è necessaria per riallineare la struttura di capitale.

Gli Austriaci hanno a lungo detto che la soluzione alla recessione è di "liquidare il capitale investito improduttivamente", ma cosa significa ciò in realtà? Come lo fanno le compagnie? Come considerano questa situazione dal loro punto di vista?

All'estremo, è attraverso la bancarotta di alcune attività che il capitale può passare da usi inefficienti ad usi più efficienti. Tuttavia, non tutte le attività falliscono nella fase di liquidazione. Le aziende che stanno accumulando perdite, ma non sono ancora pronte per chiudere i battenti, come convertono il loro capitale investito improduttivamente in strutture redditizie? E' entro questo contesto che ora ci rivolgeremo al punto di vista di un'impresa o azienda.



Chiudere in Pareggio

Quando un'attività è in crisi — cioè, perde costantemente denaro — il suo scopo dovrebbe essere quello di fare qualsiasi cosa in suo potere per raggiungere un punto di pareggio, dove le perdite smettono di accumularsi. L'idea è che una volta che un'attività è in pareggio, può pianificare per la redditività. Esaminiamo i due approcci per raggiungere il pareggio.

Considerate un'attività con la seguente situazione: produce un prodotto in cui l'utile lordo è del 25%. Ciò vuol dire che la manodopera ed il materiale costituiscono il 75% del costo di produzione (i suoi costi variabili). Fintanto che un'attività è capace di soddisfare i suoi costi variabili, rimarrà in gioco.

Se l'azienda non è capace di coprire i suoi costi variabili, attraverserà il punto di chiusura. Se il restante 25% copre solo i suoi costi fissi (i suoi costi di gestione), raggiungerà il pareggio. Quando un'attività accumula entrate al di sopra dei costi fissi e variabili, inizia a fare profitti. Questo passaggio è il punto di pareggio.

Supponiamo che l'impresa descritta sopra abbia costi fissi (i costi di gestione) per $10,000 al mese. Ciò vuol dire che l'azienda deve vendere per $40,000 al mese solo per andare in pareggio ($30,000 pagano la manodopera ed il materiale e $10,000 i costi di gestione).

Ora, supponiamo che l'economia sia in flessione e che l'azienda sta perdendo denaro, diciamo, $2,000 al mese. L'impresa è capace di coprire i suoi costi variabili, ma non sta raggiungendo il pareggio. Questo problema può essere inquadrato o come vendite insufficienti o come costi di gestione eccessivi (costi fissi).

Se l'impresa potesse magicamente espandere le vendite, dovrebbe dapprima creare più prodotto, il che vuol dire che i costi variabili aumenterebbero. In questo esempio, l'utile lordo è del 25%; e supponiamo che l'utile ed i costi siano regolari. Pertanto, in modo da coprire il deficit da $2,000, l'azienda dovrebbe incrementare le vendite per $8,000, di cui $6,000 (75%) andranno nei costi variabili.

Tuttavia, per ogni dollaro con cui l'impresa può abbassare i suoi costi di gestione (ed altri costi fissi), non avrà più bisogno di generare $4 nelle vendite. Tagliando i costi, può operare proficuamente con vendite minori.[1]

Un'azienda in guai finanziari ha un maggiore moltiplicatore nei tagli dei costi rispetto agli incrementi delle vendite. In questo caso, il moltiplicatore è di quattro volte. Questo punto ovvio è resistito non perché c'è un trucco magico o di contabilità. La ragione del perché ha resistito è che nessuna persona vuole avere il proprio salario tagliato e nessun diparitmento vuole avere il proprio budget tagliato. E' molto difficile guardare una persona negli occhi e dirgli che ci saranno tagli. Ciononostante, è una necessità. Ecco perché, durante una flessione economica, le compagnie più prudenti si rivolgono immediatamente a tagli dei costi.

Misure di tagli ai costi aiutano a trasformare gli investimenti improduttivi in strutture appropriate di capiale.



Nel Contesto del Ciclo Economico

Supponiamo che un'azienda si è espansa eccessivamente quando, durante il boom, ha acquistato nuovi beni strumentali. C'è stato un calcolo errato da parte dell'azienda perché stava leggendo falsi segnali dal mercato — il tasso d'interesse era troppo basso. Con la flessione dell'economia, l'azienda è stretta da entrambe le parti: le entrate diminuiscono ed prezzi di input (prezzi di acquisto dei fattori produttivi: manodopera, energia, ecc.; prezzi di output = prezzi di vendita dei prodotti, ndt) aumentano. L'azienda deve fare qualcosa per rimanere in gioco.

Come aiutano le misure di tagli ai costi a trasformare il capitale investito improduttivamente? Aggiungiamo alcuni dettagli al nostro esempio per chiarificare il nostro punto. Supponiamo che all'inizio del ciclo economico il tasso d'interesse è del 6% e la nostra azienda stia esaminando un progetto che ha un discounted cash flow di $104,000. Se i costi d'anticipo sono di $100,000, il tasso interno di rendimento è del 4%. L'azienda non accetterà questo progetto adesso come adesso.

Ora, supponiamo che la banca centrale espanda l'offerta di denaro ed il tasso d'interesse del mercato cade al 1%.[2] A questo tasso, ha senso per l'azienda prendere in prestito il denaro ed iniziare il progetto. Durante la fase di boom, il capitale liquido è convertito in beni capitali e strumentali. Mentre il nuovo denaro trova la sua strada nell'economia, i prezzi ed i tassi d'interesse iniziano a salire.

Quando i tassi d'interesse ritornano al livello originale del 6%, l'azienda inizierà a soffrire di una perdita economico del 2% (o di $2,000 al mese). In modo che l'azienda compensi questa differenza, o deve aumentare le entrate di $8,000 come descritto su, oppure deve tagliare $2,000 dei suoi costi di gestione.

Finora, abbiamo supposto che il livello delle vendite e dei costi fosse rimasto costante. Possiamo considerare tutto ciò come lo scenario migliore. In una recessione, il volume delle vendite tende a calare ed i prezzi di input tendono a salire. Così, i margini di profitto sono ulteriormente ristretti, restringendo l'utile lordo. Se, per esempio, l'utile lordo cala del 10%, allora ci vorrà un incremento nelle entrete lorde di $10,000 per coprire il deficit di $2,000.



La Politica del Governo per Aiutare le Aziende a Chiudere in Pareggio

Il bisogno dei politici di fare qualcosa cresce all'aumentare della severità della recessione. Riguardo all'attività fiscale, ci sono due approcci diffusi per alleviare la recessione: aumento della spesa o tagli alle aliquote fiscali. I Keynesiani hanno sostenuto che la migliore politica per curare una recessione è quella di stimolare la domanda aggregata. Con un'iniezione della spesa negli individui, nelle famiglie e nelle aziende, le entrate saliranno e queste aziende compenseranno i deficit.

Supponiamo che il governo scelga di stimolare la domanda aggregata aumentando direttamente l'acquisto dei beni di consumo. Se l'azienda sta sperimentando un deficit da $2,000, la quantità necessaria in vendite aggiuntive è $,8000, presumendo costi costanti ed un utile lordo del 25%. In altre parole, per trasformare l'investimento improduttivo in una struttura di capitale sostenibile ci vorranno $8,000 di acquisti diretti o sostenuti dal governo. Dall'altro lato, per ottenere lo stesso effetto, ci vorrà una riduzione delle tasse sull'azienda per $2,000. Così, in generale, l'approccio di tagli alle tasse fornirà un fardello minore sul governo (contribuente).


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


Link alla Seconda Parte


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Note

[1] Molti imprenditori sostengono che sia sbagliato tagliare prima i dollari della pubblicità quando una compagnia è nei guai. Tuttavia, quello che stiamo dimostrando è che ha perfettamente senso. Con costi di gestione minori, si avrà bisogno di minori vendite per raggiungere il pareggio.

[2] Mentre nel mercato ci sono differenti tassi d'interesse, stiamo presumendo che il tasso rilevante per la nostra azienda, in termini di rischio e continuità, cali al 1%.

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