giovedì 6 febbraio 2014

Ragionamento umano ed economia a priori





di David Gordon


Jason Brennan, coi suoi post su Bleeding Heart Libertarians, ha reso un grande servigio ai sostenitori di un'economia a priori nello stile di Mises e Rothbard, anche se questo non credo fosse esattamente il suo scopo.[1] Infatti fa di tutto per dimostrare che un'economia a priori è insostenibile.

Racconta di una conversazione con qualcuno che definisce "Tizio Austriaco." Brennan ha chiesto al Tizio Austriaco, sostenitore di un'economia a priori, come considererebbe le azioni irrazionali studiate dall'economia comportamentale. (Esempi comprendono il "bias di conferma" e il "framing.") In risposta, il Tizio ha detto che questi sono esempi di comportamento e non di azione: la vera azione è razionale. Brennan commenta giustamente che il Tizio era incappato nella fallacia del Nessun Vero Scozzese. Pretendeva di parlare di azione, così come questa nozione è intesa normalmente. Di fronte ad un controesempio, il Tizio ha spostato l'argomento sull'azione "vera."

Brennan liquida il Tizio Austriaco, ma quest'ultimo ha fatto una falsa dichiarazione sull'economia Austriaca. Mises rifiuta esplicitamente il fatto che gli attori non facciano mai errori nei loro ragionamenti. Quando dice che ogni azione è razionale, intende qualcosa di molto meno controverso: un attore considera alcuni mezzi idonei per raggiungere il fine che desidera; potrebbe sbagliarsi, ma pensa il contrario.

Mises dice: "E' un fatto che la ragione umana non sia infallibile e che l'uomo molto spesso sbaglia nella scelta e nell'applicazione dei mezzi. Un'azione inadatta resta a corto di aspettative. E' contraria allo scopo, ma è razionale, cioè, è il risultato di una deliberazione ragionevole — anche se difettosa — ed un tentativo — anche se un tentativo inconcludente — per raggiungere un obiettivo preciso."[2]

Brennan, se non sbaglio, potrebbe rispondere che non ho capito il suo punto. Ha inteso la risposta del Tizio Austriaco come l'esempio di una tesi generale. Anche se quell'esempio non è adeguato, la tesi generale rimane buona. Se Mises afferma qualcosa sull'azione, tale affermazione può essere intesa in due modi. Se si tratta di una affermazione sulle azioni nel mondo, secondo la nostra normale concezione di azione, allora si tratta di un'affermazione empirica. Possiamo scoprire se l'affermazione è vera solo attraverso l'osservazione. Non possiamo sapere se è vera a priori. In base a tale proposizione possiamo costruire una particolare affermazione veritiera sull'azione, ma in questo caso finiremmo nella fallacia del "Nessun Vero Scozzese." In conclusione non potremmo scoprire la natura del mondo reale, riflettendoci semplicemente sopra.

È così? Brennan non ci ha dato alcun motivo per pensarla in questo modo. Mises non intende parlare di un concetto artificioso di "azione," costruito per rendere veritiere le sue affermazioni. Egli intende parlare delle azioni nel modo in cui siamo soliti interpretarle: possiamo ottenere la conoscenza delle azioni riflettendoci sopra. Abbiamo una conoscenza a priori che si applica al mondo.

Brennan cos'ha da dire contro? Per quanto ne so, niente. Si limita ad affermare la propria posizione contrastante. Mises dice che abbiamo una conoscenza a priori dell'azione; e Brennan risponde di no.

Molti filosofi sarebbero d'accordo con Brennan circa l'a priori. Infatti alcuni filosofi, ad esempio W.V.O. Quine e Michael Devitt, vanno oltre e rifiutano del tutto l'a priori. Ma lo status dell'a priori, tra chi ne accetta l'esistenza, è un argomento controverso ed il punto di vista che ne ha Brennan non è affatto l'unico. Solo per citare alcuni pensatori noti: Tyler Burge, Christopher Peacocke, Laurence Bonjour, Alvin Plantinga e David Chalmers sostengono un punto di vista molto più robusto sulla portata di una conoscenza a priori rispetto a Brennan.

Certo, parlare di questi filosofi non basta per dimostrare che Brennan ha torto, e non intendo difendere un punto di vista personale dell'a priori. Però non è affatto assurdo credere che abbiamo una conoscenza a priori svincolata dalle semplici definizioni dei concetti, ed a sostegno di questa tesi ecco un paio di affermazioni a priori che ci forniscono la conoscenza del mondo reale: (1) Qualcosa esiste; (2) io ora esisto [lo dico io]; (3) io so che 2+2 = 4 [lo dico io ora].

Il mio scopo qui è un pò più limitato. Voglio sottolineare che se Brennan vuole rifiutare il carattere a priori dell'economia, non gli basta negare che una tale conoscenza sia possibile. Deve sostenere che questo punto di vista sia anche adottato; e questo, per quanto ne so, non è accaduto.

Ho detto all'inizio che Brennan ha reso un grande servigio ai sostenitori dell'a priori in economia: ha suggerito un ottimo modo per valutare le affermazioni a priori sull'azione. Se ci sono controesempi a queste affermazioni, e la persona a cui sono rivolti poi risponde finendo nella fallacia del "Nessun Vero Scozzese," si ha una buona ragione per pensare che l'affermazione iniziale è sbagliata. Questo test non è in alcun modo dipendente dall'accettare il punto di vista di Brennan su una conoscenza a priori.

A giudicare da questo test, cosa possiamo dire sull'a priori dell'economia Austriaca? Gli economisti Austriaci rispondono ai controesempi facendo ricorso alla fallacia del "Nessun Vero Scozzese"? Quando gli economisti Austriaci dicono, ad esempio, che due individui non prenderebbero parte ad uno scambio se ognuno di loro non ne trarrebbe beneficio, è questo il caso in cui "scambio" e "beneficio" vengono utilizzati in senso speciale per immunizzare la frase dai controesempi? Non penso. Questi termini vengono utilizzati in modo perfettamente normale, e l'affermazione Austriaca è che la frase sullo scambio è nota per essere vera a priori. Cosa ci dovrebbe essere di sbagliato in questa affermazione Austriaca? Ancora una volta, quando Mises dice: "Non esiste alcuna operazione raziocinante che potrebbe portare dalla valutazione di una determinata quantità o numero di cose alla determinazione del valore di un numero maggiore o minore delle stesse,"[3] non sta avanzando né un'affermazione empirica né usa le parole in un qualche senso speciale. Sta affermando una verità a priori sulla valutazione, un processo del mondo reale.

Brennan non ci ha dato motivo di pensare che gli economisti Austriaci finiscano nella fallacia del "Nessun Vero Scozzese." Men che meno ha giustificato la tesi che il perseguimento di una conoscenza a priori del mondo reale sia una ricerca inutile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Il più importante di questi articoli è qui: http://bleedingheartlibertarians.com/2013/10/extreme-austrian-apriorism-as-the-no-true-scotsman-fallacy/

[2] Azione Umana (Auburn, Ala.: Mises Institute, 1998), p. 20. Molti economisti neoclassici hanno criteri più rigidi rispetto a Mises quando si parla di razionalità. Di solito vengono usati per mostrare che i consumatori ed i produttori in un libero mercato agiscono irrazionalmente, e lo stato viene chiamato in causa per porre rimedio a questi presunti problemi.

[3] Ibid., p. 122.

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5 commenti:

  1. La fallacia del "Nessun vero Scozzese" mi sembra analoga a quanto ho letto qui a proposito dell'interventismo: più della stessa medicina.
    Due tipi di spostamenti: il primo concettuale/spaziale, il secondo quantitativo/temporale.

    Riccardo Giuliani

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  2. Sono troppo stanco stasera per organizzare un commento sensato. E mi sento anche ignorante e rozzo per una riflessione filosofica. L'unica stupidaggine che mi e' venuta in mente e' questa definizione:: l'economia austriaca e' a priori, quella keynesiana a posteriori... infatti, ahi ahi come ci fa male!!!

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    1. Più correttamente "a posteriori" vuol dire che il keynesismo è come la corazzata potemkin. :D

      Riccardo Giuliani

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  3. Potrebbe sembrare un ragionamento complicato questo dell'apriorismo economico, ma in realtà non è così. Ed è per questo che i Keynesiani non comprendono l'economia Austriaca, perché non riescono a comprendere i principi base su cui è fondata. Un po' come la storia di Unto Dunto che non crede ad Alice quando lei gli dice che "365 - 1 = 364" e preferisce vederlo scritto su di un foglio di carta.

    Tutta la nostra conoscenza è basata sulla comprensione intellettiva della verità una volta che la vediamo.

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  4. beh, tra platone ed aristotele, kant e l odio di ayn rand verso di lui, ci sarebbe da studiare e dire ben troppo… ed io sono a sciare

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