mercoledì 27 marzo 2024

Quando l'ideologia diventa patologica

 

 

di Phil Duffy

Aleksandr Solzhenitsyn avrà anche ricevuto il Premio Nobel per la letteratura nel 1970, ma ciò non rende la sua opera, Gulag Archipelago, una lettura piacevole. La sola descrizione dettagliata dei metodi di tortura impiegati dal sistema sovietico allontanerà molti lettori. Al di là degli interrogatori ci sono i processi basati su un sistema giuridico finto, descritto dalla teoria del giurista sovietico Andrei Vyshinsky secondo cui la verità è relativa e che le prove possono essere ignorate per poi essere sostituite da confessioni forzate ottenute sotto tortura.

Al di là dell’incubo del sistema giudiziario sovietico, Solzhenitsyn descrisse quelle che chiamò “le navi dell’arcipelago”, i mezzi per trasportare i condannati al luogo finale d'incarcerazione e lavoro forzato. I mezzi di trasporto erano chiamati vagoni passeggeri “Stolypin”, progettati in epoca zarista per ospitare, al massimo, undici prigionieri per scompartimento. Nei momenti peggiori, secondo Solzhenitsyn, uno Stolypin poteva impiegare sette giorni per raggiungere la sua destinazione, carico di venticinque prigionieri.

Nella migliore delle circostanze gli scompartimenti erano pieni di prigionieri politici. Tuttavia i ladri – o blatnye, come venivano chiamati – venivano trasportati con i prigionieri politici e godevano di una posizione più alta nella gerarchia distopica sovietica. Occupavano i posti migliori nello scompartimento di uno Stolypin, continuando a esercitare il loro mestiere vittimizzando i prigionieri politici. I blatnye non venivano puniti per il possesso di un'arma: “La loro legge sui ladri veniva rispettata (“Non possono essere altro che quello che sono”). E un nuovo omicidio in cella non avrebbe aumentato la pena dell'assassino, ma gli avrebbe portato invece nuovi allori [...]. Stalin ha sempre avuto un debole per i ladri: dopo tutto, chi ha rapinato le banche per lui?”.

Solzhenitsyn, senza dubbio, si riferiva al ruolo di Joseph Stalin nella pianificazione della grande rapina alla Banca di Stato di Tiflis nella Georgia. Lo scopo della rapina era finanziare gli sforzi rivoluzionari dei bolscevichi, un piano presumibilmente approvato da Vladimir Lenin.

Com'è possibile che una nazione affidò il proprio sistema di giustizia alla sua classe criminale? Nel caso della Russia, le ragioni sono molteplici e complesse. Parte di questo fenomeno era legato alla sua storia e alle divisioni di classe che ne derivarono. Tuttavia c’era un altro fattore che ebbe un ruolo in particolare nei secoli XIX e XX: l’ideologia. Solzhenitsyn condivise una  prospettiva interessante al riguardo:

Le autogiustificazioni di Macbeth erano deboli e la sua coscienza lo divorava. Sì, anche Iago era un agnellino. L'immaginazione e la forza spirituale dei malfattori di Shakespeare si fermarono davanti a una dozzina di cadaveri. Perché non avevano ideologia.

L'ideologia: questo è ciò che dà al male la giustificazione a lungo cercata e dà al malfattore la necessaria fermezza e determinazione. Questa è la teoria sociale che lo aiuta a far sì che le sue azioni sembrino buone invece che cattive, ai suoi occhi e a quelli degli altri, cosicché non sentirà rimproveri e maledizioni ma riceverà lodi e onori.

Secondo George F. Kennan, che fece parte del gruppo di ambasciatori degli Stati Uniti a Mosca tra il 1933 e il 1953, l’Occidente – dall’inizio della rivoluzione russa nel 1917 – aveva difficoltà a comprendere le motivazioni del regime rivoluzionario:

C'era [...] un'importante differenza tra la questione che interessava i primi bolscevichi e quella che interessava le parti in guerra in Occidente. La prima era ideologica, con implicazioni sociali e politiche universali. I bolscevichi credevano che le questioni di organizzazione sociale – in particolare la questione della proprietà dei mezzi di produzione – avessero un’importanza che trascendeva tutte le rivalità internazionali. Tali rivalità erano, ai loro occhi, il prodotto delle relazioni sociali. Ecco perché attribuivano così poca importanza all’esito militare della lotta in Occidente.

I politici occidentali, al contrario, si concentravano sugli interessi nazionali e sul mantenimento di un equilibrio di potere tra quelle nazioni.

In quanto marxisti, i bolscevichi erano convinti che i successi ottenuti dalla Russia arretrata costituissero un'eccezione alla regola di Karl Marx secondo cui una rivoluzione socialista sarebbe avvenuta prima nelle società industriali più avanzate, in particolare nella patria di Marx, la Germania. Mentre erano ansiosi per i capitali occidentali che avrebbero permesso loro di acquisire attrezzature dall’Occidente per la crescita industriale, i bolscevichi condussero contemporaneamente campagne di propaganda in Occidente progettate per abbattere le sue economie e strutture politiche.

L'ideologia costituì quindi la giustificazione sociale non solo per il violento rovesciamento del regime zarista, ma anche per una continua “purificazione” del socialismo sovietico che portò alle famigerate  purghe di Stalin, le quali mandarono a morte milioni di cittadini sovietici. Sebbene non ci siano dubbi sul fatto che le purghe fossero progettate per eliminare i rivali politici di Stalin, furono vendute al popolo sovietico come parte di una spirale di purezza, in cui gli ideali della rivoluzione russa – e il marxismo classico – venivano in tal modo preservati.

L'ideologia ebbe una presa particolare sul popolo russo all'inizio delle rivoluzioni di febbraio e ottobre del 1917. La vita sotto gli zar aveva creato una rigida società feudale che sopravvisse anche dopo la  liberazione di venti milioni di servi da parte dello zar Alessandro II nel 1861. Non ci fu alcun movimento significativo verso il liberalismo in quel periodo come c’era stato in Gran Bretagna e in altre nazioni dell’Europa occidentale.

Alcune di queste differenze erano basate sulla natura fisica del territorio sovietico e sul suo clima freddo, il quale produceva stagioni di crescita brevi. Il suo sistema ferroviario era molto indietro rispetto a quello occidentale, ostacolando la circolazione di beni e servizi verso i mercati. Jerome Blum, in Russian Agriculture in the Last 150 Years of Serfdom, scrive: “Durante i 150 anni da Pietro ad Alessandro II, quando tante innovazioni furono introdotte in altri settori della vita nazionale, l’agricoltura rimase pressoché immutata rispetto a quello che era stata per secoli”.

Daniel Field ha osservato in A Companion to Russian History che: “La rivoluzione agricola, iniziata in Gran Bretagna a metà del XVIII secolo, aveva alcuni ammiratori nella Russia rurale, ma nessun praticante”.

La Russia era lontana dagli effetti dell’Era delle Scoperte, della rivoluzione agricola britannica e della Rivoluzione industriale.

Anche la distribuzione delle terre ai contadini, conseguente alla loro emancipazione, aveva i suoi lati oscuri:

Per quanto sembrassero impressionanti a prima vista queste libertà, presto divenne evidente che avevano avuto un costo pesante per i contadini. I beneficiari non erano loro, ma i proprietari terrieri. La cosa non deve sorprenderci: erano stati i dvoriane [cortigiani] ad elaborare le proposte di emancipazione. Il risarcimento ricevuto dai proprietari terrieri era molto superiore al valore di mercato delle loro proprietà; avevano anche il diritto di decidere a quale parte delle loro partecipazioni rinunciare. Non sorprende che abbiano tenuto per sé la terra migliore; i servi si prendevano gli avanzi. I dati mostrano che i proprietari terrieri conservarono i due terzi della terra, mentre i contadini ne ricevettero solo un terzo. La terra di qualità a prezzi accessibili ai contadini era così limitata che essi furono ridotti ad acquistare strisce strette che si rivelarono difficili da mantenere e che fruttavano poco cibo o profitto.

Inoltre, mentre ai proprietari terrieri veniva concessa una compensazione finanziaria per ciò a cui avevano rinunciato, i contadini dovevano pagare per la loro nuova proprietà. Non avendo risparmi, dovettero accendere dei mutui, l'80% erogato dalla banca statale e il restante 20% dai proprietari. Sembrava un'offerta generosa, ma come in ogni operazione di prestito il problema stava nei rimborsi. I contadini si ritrovarono gravati da pagamenti che diventarono un peso per tutta la vita e che poi doveva essere trasferito ai loro figli.

Nel 1917, gravata dalla sua partecipazione alla prima guerra mondiale, la Russia era matura per una rivoluzione basata sull’ideologia marxista. Tuttavia il termine ideologia richiede un chiarimento per comprenderne l’impatto in Russia. Britannica descrive l'evoluzione del termine:

La parola fece la sua prima apparizione in francese come idéologie ai tempi della Rivoluzione francese, quando fu introdotta dal filosofo A.-L.-C. Destutt de Tracy, come sostantivo abbreviato per quella che chiamava la sua “scienza delle idee” [...]. Destutt de Tracy e i suoi compagni ideologi idearono un sistema d'istruzione nazionale che credevano avrebbe trasformato la Francia in una società razionale e scientifica.

Britannica aggiunge poi che:

L'ideologia in senso stretto rimane abbastanza vicina alla concezione originale di Destutt de Tracy e può essere identificata da cinque caratteristiche: (1) contiene una teoria esplicativa di tipo più o meno completo sull'esperienza umana e sul mondo esterno; (2) stabilisce un programma, in termini generalizzati e astratti, di organizzazione sociale e politica; (3) concepisce la realizzazione di questo programma come una lotta; (4) non cerca semplicemente di persuadere ma di reclutare seguaci leali, esigendo quello che a volte viene chiamato impegno; (5) si rivolge a un vasto pubblico ma può tendere a conferire un ruolo speciale di leadership agli intellettuali.

La definizione più ampia di ideologia, descritta dal primo criterio di cui sopra, è troppo generale per essere utile a comprendere il conflitto che diede origine alla Rivoluzione Russa e alle sue conseguenze. I restanti quattro criteri, tuttavia, spiegano il divario che esiste tra la definizione più ampia di ideologia, che può comprendere il liberalismo classico, e la definizione più rigorosa che è l’essenza del marxismo violento. È quest’ultima definizione che richiede la nostra attenzione, perché rappresenta un rifiuto totale della moralità e del pensiero che è stato il motore del progresso nel mondo occidentale.

Si può speculare sulla carriera di Stalin in assenza della sua adozione del marxismo, ma è chiaro che nel 1907, quando organizzò la rapina alla banca di Tiflis, era già impegnato in una vita criminale che comprendeva rapine, omicidi, rapimenti ed estorsioni. Ciò solleva una domanda sul ruolo dell’ideologia in tutti i collettivismi: in che misura i dittatori collettivisti sono dogmaticamente legati all’ideologia originale dopo che questa ha favorito la loro ascesa al potere? Stalin usò l’ideologia marxista come copertura per rimuovere qualsiasi opposizione al suo regime e impiegò i suoi militari per costringere altre nazioni a diventare parte del suo impero sovietico. Altri dittatori hanno adottato la stessa strategia, da Mao Zedong in Cina a Fidel Castro a Cuba e Hugo Chavez in Venezuela. Tutti hanno utilizzato il manuale marxista mentre serviva ai loro scopi, ma lo hanno ignorato per eliminare brutalmente l’opposizione. Le persone in quei Paesi, che avrebbero dovuto beneficiare del socialismo marxista, hanno sofferto invece di privazione economica e perdita di libertà.

E ciò ci porta alla domanda definitiva: fino a che punto l’ideologia, rigorosamente definita, si traduce in una perdita di libertà e opportunità economiche all’interno di tutti i collettivismi, incluso il socialismo non marxista, il fascismo, il progressismo e persino la socialdemocrazia? I collettivisti abbandonano il principio di non aggressione mentre giustificano la violenza statale sulla base della falsa idea che il fine giustifica i mezzi. Poiché sempre più potere si concentra nel governo federale degli Stati Uniti, la natura coercitiva dello stato viene sempre più utilizzata per far rispettare obiettivi definiti politicamente come, ad esempio, diversità, equità e inclusione, “diritti” di identificazione del genere e discutibili strategie di controllo del clima. Le università, un tempo bastioni della libertà di parola, ora tollerano la violenza contro coloro che si oppongono ai programmi promossi dai collettivisti. La differenza fondamentale tra la definizione rigorosa di ideologia, che descrive le convinzioni dei collettivisti, e la definizione più ampia, che descrive le convinzioni del liberale classico, è l’ingegneria sociale condotta attraverso lo stato.

Nel regno della ragione il collettivismo non potrà mai vincere sul liberalismo classico e sull’economia del libero mercato. Tuttavia, come osservò Solzhenitsyn, l’ideologia prevalse sulla ragione negli anni successivi alla Rivoluzione russa. La politica di contenimento di George Kennan ebbe un discreto successo nel mettere in quarantena il marxismo virulento/violento dietro la cortina di ferro e il sistema sovietico alla fine fallì a causa delle sue stesse contraddizioni.

Tuttavia ciò è accaduto trentatré anni fa e da allora le lezioni della storia sono andate perdute in Occidente. Il liberalismo classico e il sistema di libero mercato non possono mai essere racchiusi in un’ideologia per contrastare il collettivismo. La ragione deve prevalere, ma dobbiamo evitare il tipo di pensiero superficiale che prevalse tra gli Alleati nella Prima Guerra Mondiale. La sopravvivenza della moralità occidentale è a rischio. Mentre tutte le generazioni perderanno, le generazioni più giovani hanno più da perdere sotto il collettivismo perché dovranno soffrirne più a lungo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 26 marzo 2024

I commissari dei criteri D(iversità) E(quità) I(nclusione) sono una minaccia per la libertà

 

 

di Barry Brownstein

Nel suo libro The New Puritans Andrew Doyle scrive: “Abbiamo visto gli evangelisti della 'giustizia sociale' prendere il controllo delle nostre principali istituzioni culturali, politiche, educative e aziendali, assetati di opportunità per sconfiggere i diavoli, siano essi reali o meno. [...] Queste tendenze illiberali [...] minacciano di sabotare tutti quei progressi che abbiamo compiuto sin dai movimenti per i diritti civili degli anni ’60”.

Troppo pochi ascoltarono F. A. Hayek quando lanciò un messaggio simile quasi 50 anni fa. Nel suo libro Law, Legislation and Liberty, Volume 2: The Mirage of Social Justice Hayek scriveva, parlando di “giustizia sociale”, che “i vecchi diritti civili e i nuovi diritti sociali ed economici non possono essere raggiunti contemporaneamente ma sono di fatto incompatibili; i nuovi diritti non potrebbero essere imposti dalla legge senza distruggere allo stesso tempo quell’ordine liberale a cui mirano i vecchi diritti civili”.

Non penso che Hayek sarebbe scioccato dalle iniziative DEI (diversità, equità e inclusione) e dal loro uso del razzismo per “combattere” il razzismo. Di recente la Facoltà di Medicina della Johns Hopkins University, famosa in tutto il mondo, ha ripudiato il punto di vista del suo responsabile della diversità, la dottoressa Sherita Golden. Quest'ultima, nella sua newsletter mensile, aveva scritto che tutti “i bianchi, le persone normodotate, gli eterosessuali, le persone cisgender, i maschi, i cristiani, le persone della classe media o possidente, le persone di mezza età e le persone di lingua inglese” sono privilegiati .

Conosciamo tutti la retorica della Golden, l'unica sorpresa è stata che l'università abbia ripudiato la sua dichiarazione. Pensate ai commissari dei criteri DEI come a quelli sovietica memoria.

Nell’ex-Unione Sovietica un commissario era un burocrate inserito nell’esercito, o in altre organizzazioni governative, per garantire che le decisioni fossero fedeli allo spirito del partito comunista. Il loro compito era mantenere la purezza ideologica.

Le scene del romanzo di Vasily Grossman, Life and Fate, sono ambientate durante la battaglia per Stalingrado. Le vittime furono tante e una brigata aveva bisogno di un nuovo capo di stato maggiore. Il colonnello Novikov aveva bisogno dell'approvazione del commissario Getmanov per nominare il maggiore Basangov. Getmanov rispose: «Il secondo in comando della seconda brigata è un armeno; vuoi che il capo di stato maggiore sia un Kalmyk [mongolo]? E abbiamo già un Lifshits [un ebreo] come capo di stato maggiore della terza brigata. Non potremmo fare a meno dei Kalmyk?».

Il destino dell'Unione Sovietica era in bilico e il commissario badava alle identità etniche degli ufficiali. Novikov cedette al commissario e nominò un russo. Anche se Novikov “rideva dell'ignoranza militare di Getmanov [...] aveva paura di lui”.

Oggi in America molti potrebbero ridere dei commissari dei criteri DEI, ma come nel caso di Novikov, un’ombra di paura attraversa la loro mente.

Il vecchio movimento per i diritti civili a cui facevano riferimento Doyle e Hayek era vantaggioso per tutti: uguaglianza di fronte alla legge. Le iniziative DEI di oggi sono invece a somma zero: una persona meno qualificata riceve un lavoro in base alla razza, al sesso o ad altro status, mentre a qualcuno più qualificato gli viene negato.

Hayek spiegò che “la richiesta di 'giustizia sociale' diventa quindi una richiesta affinché i membri della società si organizzino in un modo che renda possibile assegnare porzioni particolari del prodotto della società ai diversi individui o gruppi”.

L’abuso della giustizia sociale, scrisse Hayek , “minaccia di distruggere la concezione del diritto che è a salvaguardia della libertà individuale”. Spiegò inoltre che quando questa “superstizione quasi religiosa” della giustizia sociale usa la coercizione, dev'essere combattuta perché è “la minaccia più grave alla maggior parte degli altri valori di una civiltà libera”.

Hayek poi aggiunse: “Quasi ogni richiesta di azione da parte dello stato a favore di particolari gruppi è avanzata in suo nome, e se si riesce a far sembrare che una certa misura sia richiesta dalla 'giustizia sociale', l’opposizione a essa s'indebolirà rapidamente”. Oggi i commissari dei criteri DEI avanzano le loro richieste contando su una debole opposizione.

L’American Library Association ha definito la giustizia sociale come “un mondo in cui la distribuzione delle risorse è equa e sostenibile e tutti i membri sono fisicamente e psicologicamente sicuri, protetti, riconosciuti e trattati con rispetto”. Hayek predisse che vaghe parole incomprensibili, come quelle dell'ALA, sarebbero diventate la norma.

Una volta che il termine giustizia sociale viene utilizzato come arma, scrisse Hayek, non può che espandersi: “È nella convinzione che qualcosa come una 'giustizia sociale' possa essere raggiunta che le persone hanno posto nelle mani dello stato poteri che ora non può rifiutare; da impiegare per soddisfare le pretese di un numero sempre crescente d'interessi particolari che hanno imparato a utilizzare il grimaldello della 'giustizia sociale'”.

Il pastore di Chicago, Corey Brooks, è in prima linea per alleviare le sofferenze della sua comunità. Ha esposto l’ideologia dei criteri DEI per quella che è:

L'ideologia dei criteri DEI [...] non ha alcuna capacità di aiutare [...]. Non offre fede e non offre alcun significato esistenziale [...]. È retorica manipolativa [...] ideologi di professione usano il nostro dolore per alimentare il loro tornaconto attraverso le istituzioni americane. La loro merce di scambio è un veleno che distrugge l’anima, i cui effetti morali e nel mondo reale sono altrettanto negativi per le nostre comunità quanto quelli di qualsiasi altro farmaco venduto nelle farmacie.

Brooks ci invita a considerare gli effetti distruttivi delle iniziative DEI. Hayek scrisse: “il liberalismo classico [...] era governato da principi di giusta condotta individuale mentre la nuova società deve soddisfare le richieste di 'giustizia sociale'”. Oggi alle persone viene detto che sono vittime o carnefici; le vittime si aspettano che lo stato risolva le loro lamentele.

Hayek predisse che una volta che la giustizia sociale fosse diventata un criterio accettato per allocare le risorse attraverso la coercizione, lo stato avrebbe dovuto trattare le persone “in modo diseguale”. Il fatto che ci siano troppe persone che si preparano per la carriera di commissari dei criteri DEI non avrebbe affatto sorpreso Hayek:

Una volta che le ricompense che l’individuo può aspettarsi non sono più un’indicazione adeguata di come dirigere i propri sforzi dove ce n’è più bisogno, perché queste ricompense non corrispondono più al valore che i suoi servizi hanno per i suoi simili, ma al merito morale o al disertare il valore che si ritiene le persone abbiano legittimamente guadagnato, perdono la funzione di guida che hanno nell'ordine del mercato e vengono sostituiti da autorità totalitarie.

Hayek sapeva che la giustizia sociale avrebbe indebolito la parità di trattamento ai sensi della legge. Oggi, secondo le parole di Doyle, la giustizia sociale pone “l’accento sull’identità di gruppo rispetto ai diritti dell’individuo, sul rifiuto del liberalismo sociale e sul presupposto che i risultati disuguali siano sempre la prova di disuguaglianze strutturali”. I commissari dei criteri DEI, come la Golden, diffondono la velenosa dottrina secondo cui la società si basa su alcuni gruppi che esercitano il loro “privilegio” a spese di altri.

Hayek disse che quanto più questo veleno si diffonde, tanto più la nostra civiltà è a rischio. Perché così tante persone hanno ignorato il suo monito? Conosciamo la risposta: per paura. E conosciamo anche l'antidoto: il coraggio.


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lunedì 25 marzo 2024

Ai socialisti non importa se il socialismo “funziona”, ciò che conta per loro è il potere

 

 

di Jason Montgomery

Una recente ondata di podcaster di destra e di tendenza libertaria ha insistito nel voler parlare di socialismo, ma lo ha fatto in un modo che mi ha talmente infastidito da spingermi a scrivere questo pezzo. Le loro argomentazioni erano del tipo “Perché viene ancora preso in considerazione? Quando capiranno che NON FUNZIONA e lo lasceranno perdere?"

Questa critica merita uno sguardo più attento e forse anche il socialismo stesso. A proposito, definisco il termine come un qualsiasi paradigma economico che affida i mezzi di produzione alla “società”, ai “lavoratori”, o a qualche altra entità fittizia che significa nell'effettivo lo stato; e limita o vieta la proprietà privata.

Sì, il socialismo è fallace, perché ovunque venga istituito (che non è neanche lontanamente vicino a quello della Scandinavia ma questo è un argomento diverso) l’abbondanza promessa non riesce a materializzarsi. Invece le persone finiscono per soffrire di povertà estrema, fame e deficit di ogni tipo. Le prove sono disseminate nel corso della storia, in tutto il mondo, quindi qualsiasi idiota che continua a promuovere questo caos pianificato ignora i fatti.

Nessuna teoria politica astratta, solo la domanda di fondo: funziona? Punto. Guardate le statistiche storiche, ogni altra considerazione non corrisponde al mondo reale, quindi è inutile. Abbiamo di fatto relegato il socialismo nella pattumiera della storia, giusto?

Niente affatto.

Non sono qui per confutare questo fatto, dato che è molto peggio di così.

Innanzitutto c'è una domanda ovvia: cosa significa che un sistema economico “funziona”? Che nessuno è povero? Qual è lo standard di “povero”? Un certo margine universale di reddito disponibile? Un livello di PIL? Forse in un sondaggio condotto su 1.000 persone a caso in cui 672 di loro hanno valutato la loro condizione economica come minimo “soddisfacente”? Quali sono i criteri? Qual è il barometro? Come possiamo sapere se “funziona”?

Qualcuno non potrebbe semplicemente scegliere uno standard arbitrario di “funzionamento” col senno di poi e pubblicizzare con orgoglio il grande successo del socialismo? È già successo in passato! Ed ecco la vera domanda: chi potrebbe essere questo qualcuno? Con quale diritto potrebbe decidere questo metro di misura a nome di un intero popolo?

Bene, queste potrebbero essere domande difficili a cui rispondere, ma sicuramente possiamo sapere cosa significa non funzionare. Il socialismo ha ripetutamente prodotto carestie, razionamenti, carenze produttive e l’apparente scomparsa delle risorse naturali. Un record economico come questo deve essere sufficiente per buttarl oalle ortiche.

Non la pensate così? Permettetemi di chiedervi un paio di cose...

• Siete contrari alla schiavitù perché non genera una fiorente industria agraria?

• Siete contrari a limitare la libertà di parola perché non protegge i sentimenti delle persone?

• Siete contrari alle perquisizioni domestiche casuali perché non scoprono abbastanza contrabbando per rafforzare la sicurezza pubblica?

Se no, perché no? Questi sono gli esatti motivi per cui rifiutate il ​​socialismo; perché sembra proprio non soddisfare gli obiettivi sociali dichiarati. Pertanto...

E se funzionasse davvero? Se producesse una società di proletari leali, che sopravvivono felicemente con le risorse assegnate, lavorando con orari limitati nelle fattorie e nelle fabbriche comunali, con molti giorni liberi e godendosi i loro hobby approvati dallo stato con tutto il tempo libero di questo mondo? Immagino che sareste d'accordo, no?

È davvero questo il vostro punto di opposizione, o c'è qualcos'altro in gioco?

“Certo, c'è di più!” potreste dire. “Al di là dell’economia, il socialismo ha ripetutamente portato alla sorveglianza di massa, all’incarcerazione arbitraria, alla tortura, ai campi di sterminio e alle più grandi atrocità umane conosciute! Questa è la vera controargomentazione!”.

Vi state solo scavando la fossa più in profondità nel fondo della retorica.

Conoscete le risposte a tutte queste queste controargomentazioni, ripetetele dopo di me: “Quello non era il vero comunismo”; “Si trattava solo di un cattivo capo in comando, il sistema stesso non può essere accusato per la sua mala gestione”; “Era l’avidità e il sadismo residui dell’economia di mercato”; “Il marxismo è scientificamente valido, richiede solo un periodo di maturazione affinché le persone imparino i giusti valori, poi tutto si trasformerà in paradiso”.

Queste banalità sono frustranti? Ebbene chiunque sostenga che “non funziona” ha tacitamente accettato le stesse identiche premesse di fondo.

Questa tesi fa appello al pragmatismo, all'utilitarismo, all'empirismo e al consequenzialismo; i quattro cavalieri della sofistica. Vi dice di non criticare il socialismo finché non lo si prova: valutarne gli impatti pratici (pragmatismo) basandosi esclusivamente sull’esperienza (empirismo) per vedere se conferisce il massimo bene al maggior numero di persone (utilitarismo) garantendo l’uguaglianza economica e la prosperità promesse (consequenzialismo).

Ciò fa parte della disperata campagna di lunga data volta a rendere l’economia una scienza naturale, con una risposta definitiva, scopribile attraverso una rigorosa verifica delle ipotesi. Se accettate questi termini, allora “non funziona” non è affatto una controargomentazione. La possibilità di un esperimento fallito è incorporata proprio in questo schema: non ha ancora funzionato, quindi modifichiamo la teoria e riproviamo.

Abbiamo ottenuto... ricchezza e felicità per tutti? Grande! Ha funzionato! Oppure... una campagna di sterminio di proporzioni bibliche? Oops, torniamo al laboratorio di progettazione; non c'era modo di prevederlo.

È qui che il “non funziona” supera l'infruttuosità e diventa controproducente. Se postulate un risultato sfavorevole (o sfavorevoli) come motivo per respingere in blocco la teoria, l'altra parte può definirvi incoerenti e non scientifici, e avrebbe ragione! Vedete come il loro ragionamento fraudolento può far sembrare sbagliata una conclusione corretta?

Pertanto il socialismo continua ad essere giustificato, razionalizzato, promosso e di conseguenza implementato in tutto il mondo; con più rimonte degli Aerosmith (perdonatemi Aerosmith).

(Questi punti sono trattati brillantemente in A Theory of Socialism and Capitalism di Hoppe.)

Tutto ciò gioca con due delle grandi truffe storiche di Marx. In primo luogo, il commercio e ogni azione umana possono essere progettati scientificamente da un’autorità centrale per produrre i fini desiderati; in secondo luogo, la nobiltà di questi fini in un futuro indeterminato giustifica tutti i mezzi, compresa la sofferenza potenzialmente illimitata, nel presente.

Altro che etica, moralità e agire umano; la questione se “funziona” non potrà mai essere determinata ma solo dibattuta all’infinito, rendendolo il foraggio ideale per i media generalisti. Sotto ogni esame legittimo il socialismo crolla sotto il suo stesso altezzoso peso intellettuale, perché manca qualcosa alle sue fondamenta: principi fondamentali che possono essere accertati come veri o meno.

Per perseguire il socialismo è necessario mirare ai suoi principi fondamentali. E quali sono alcuni di questi?

Radicato nel collettivismo: nessun individuo ha importanza materiale, solo la società nel suo insieme. Qualsiasi bisogno, preferenza e vita può e deve essere sacrificato per il bene della collettività.

Assenza di mercato: la produzione e il commercio operano per volontà dei pianificatori centrali, non degli attori di mercato. Ciò che viene prodotto, in quale quantità e per quale utilizzo non è determinato dalla domanda dei consumatori o dalla motivazione del profitto, ma da calcoli top-down. In base a cosa? Tali domande non sono tollerate. Adesso mettetevi in fila per il pane! Il che ci porta a...

Necessità di uno stato totalitario: questa centralizzazione dell’economia richiede una microgestione così approfondita dell’azione umana che il monitoraggio, lo spionaggio, le molestie e le sanzioni per i trasgressori (tanto per cominciare) devono diventare la norma. Alcuni aderenti sostengono che il controllo statale, e lo stato stesso, un giorno diventeranno inutili grazie al socialismo, una volta che le persone si saranno allineate (leggasi sottomesse con la forza). Ma, come l’arrivo dell’abbondanza universale, quel giorno non arriva mai. Maggiori informazioni su questo punto tra poco...

Questa critica potrebbe non essere perfetta, ma notate le differenze tra essa e il punto da cui abbiamo iniziato. Queste premesse sono assiomaticamente parte integrante del socialismo. Non è necessaria alcuna esperienza, sperimentazione, o ricerca per confermarle; nessun dato statistico arriverà a cambiarle. Non sono fini, che non possono essere conosciuti in modo definitivo all'inizio di una qualsiasi iniziativa (semmai possano esserlo davvero anche dopo); si tratta di mezzi che si conoscono istantaneamente e con certezza, poiché diventano le condizioni materiali della vita in una data società. L’economia è un viaggio, non una destinazione, quindi le promesse di ricchezza e apolidia in cambio della vostra attuale sofferenza non significano nulla per l’essere umano che vi spinge in avanti con il fucile.

Ora può iniziare un VERO dibattito.

Il socialista deve essere pronto a difendere come minimo tutti i punti di cui sopra. Qualsiasi affermazione che non sposa la necessità di questi fattori può essere accolta con gioia: “Allora non è vero socialismo!” Se poi si preferiscono le proprie ideologie à la carte, cogliendo i “punti buoni” del socialismo ed eliminando i gulag e le fosse comuni, allora si sta sostenendo qualcosa di completamente diverso, un’economia mista, ovvero l’inquinamento del mercato con un certo grado dei principi di cui sopra.

I grafici e i dati hanno qualche validità? Certo, come supporto persuasivo. Ma non possono ESSERE il vostro argomento di base. Quest'ultimo deve provenire dai Principi Primi: libertà, proprietà e sovranità individuale. Questo è tutto ciò che conta. Subordinarli ai numeri e alle statistiche significa scartarli completamente.

Quando si tratta di socialismo smettetela di dire che non funziona, smettetela di definirla un’idea perfetta sulla carta ma che vacilla nella realizzazione, e smettetela di giustificare i suoi sostenitori con la scusa delle“nobili intenzioni”. Dategli quanto gli è dovuto dal punto di vista intellettuale e solo dopo potrete definirlo per quello che è davvero: un concetto malvagio che non deve trovare posto nella specie umana.


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venerdì 22 marzo 2024

Sovranismo, parte #5: l'estinzione

 

 

di Robert Breedlove

Nella Parte #4 abbiamo descritto le origini del governo, della criminalità organizzata e della proprietà per vedere come questi costrutti sociali cambieranno con l’ascesa del sovranismo durante l’era digitale. Oggi scaveremo nuovamente nella storia, esplorando gli effetti che la tecnologia ha nel rimodellare le istituzioni politiche e l’interazione umana. Il potere politico scaturisce dalle realtà economiche e tecnologiche prevalenti di ogni epoca. Le tecnologie digitali dissipano in gran parte l’utilità della violenza che è stata “l’alfa e l’omega” dell’organizzazione umana fino a questo punto della storia e metteranno quindi fine alla moderna preoccupazione per la politica. Le variabili mega-politiche stanno ancora una volta riconfigurando le strutture del potere umano, questa volta penalizzando la coercizione e premiando la competenza. Un’istituzione dell’Era Analogica dipendente dagli alti ritorni economici della violenza, il modello dello Stato-nazione, sta invecchiando e si sta dirigendo verso il proprio viale del tramonto.


Senilità dello Stato-nazione

“Lo Stato, nelle parole di Oppenheimer, è “l'organizzazione dei mezzi politici”; è la sistematizzazione del processo predatorio su un dato territorio”

~ Murray Rothbard

A partire dall’era agricola la sistematizzazione della violenza e della protezione è diventata il mezzo principale del potere sociopolitico nel mondo. Quando furono istituiti monopoli sulla violenza (governi) legittimati a livello locale, ottenere il controllo politico di queste imprese e dei loro clienti (i contribuenti) divenne il modo migliore per esercitare il potere nel mondo. Quando è possibile rubare denaro e proprietà, i ritorni economici della violenza sono positivi. Ciò porta a un maggiore potere conferito allo Stato e a una maggiore enfasi sulla politica. Sconosciuta ai più, l’ossessione moderna per la politica deriva in gran parte da questa modalità statalista di organizzazione socioeconomica basata sulla violenza, resa possibile dalla violabilità della proprietà privata.

Il governo è il servizio più costoso per cui la maggior parte di noi potrà mai pagare e la politica è il meccanismo che lo controlla. La verità economica è che se il capitale non potesse essere confiscato, avremmo tutti molti meno motivi per preoccuparci delle reciproche inclinazioni politiche. Ma poiché il furto della proprietà privata è stato storicamente un pericolo sempre presente, la politica ha fornito uno strumento più pacifico per raggiungere il consenso sulla distribuzione della proprietà rispetto alla sua naturale estensione: la guerra. Preservare gli interessi della proprietà è sempre stata l’impresa dei governatori locali, che nel corso della storia sono finiti sotto il controllo politico, pertanto gli Stati hanno speso grandi risorse in propaganda per modellare l’opinione politica allo scopo di promuovere i propri interessi economici giustificando la confisca delle proprietà privata.

“Tutto quello che lo Stato dice è una bugia e tutto quello che possiede lo Stato l'ha rubato”

 ~ Friedrich Nietzsche

Tutti i sistemi politici si basano sul controllo e sulla razionalizzazione dei poteri coercitivi dello Stato sulle persone. Derivato dalla parola francese politique, il termine politica apparve per la prima volta in inglese agli inizi del 1500. Anche allora la parola pare fosse usata in senso peggiorativo, poiché veniva usata per descrivere “opportunisti e temporizzatori” sia nelle parti del mondo di lingua inglese che francese durante e prima del XVI secolo. La politica è l’imposizione di un’aggregazione di forze di volontà su altre: per funzionare richiede una certa vulnerabilità sfruttabile nella popolazione obiettivo. Senza una fonte credibile d'influenza o minaccia di forza per sostenerla, la politica è per lo più un inutile esercizio di condivisione di opinioni. Una velata minaccia di violenza sostiene la rilevanza di tutte le istituzioni politiche. Per queste ragioni esiste ancora oggi una correlazione positiva tra i ritorni economici della violenza e la prevalenza della politica.

“Lo Stato – o, per rendere le cose più concrete, il governo – è composto da un gruppo di uomini esattamente come voi e me. Paragonando l'uno e l'altro, non hanno alcun talento speciale per gli affari di governo; hanno solo talento per ottenere e mantenere una carica. Il loro principale espediente a tal fine è scovare i gruppi che ansimano e si struggono per qualcosa che non possono ottenere e promettere loro di darglielo. Nove volte su dieci tale promessa non vale nulla. La decima volta viene mantenuta saccheggiando “A” per soddisfare “B”. In altre parole lo Stato è un intermediario nel saccheggio e ogni elezione è una sorta di asta anticipata sui beni rubati”

~ H.L. Mencken

Nei moderni Stati-nazione la politica è il discorso su come e perché applicare la violenza o la coercizione. Cambiando i modi in cui la violenza può essere applicata, la tecnologia è la variabile mega-politica chiave che influenza la politicizzazione delle istituzioni sociali. Con l’invenzione della polvere da sparo il costo della proiezione della forza attraverso lo spazio è crollato, migliorando così i ritorni economici delle azioni violente. Sulla scia di questo cambiamento tecnologico si è verificata la logica escalation nella lotta per il controllo dell’apparato politico che dirige lo Stato. La politica è cresciuta fino a diventare l’organo decisionale che cattura gran parte di questo margine di profitto nell’impresa commerciale della violenza. Sulla scia della rivoluzione della polvere da sparo, questo bottino di potere sarebbe servito come sostentamento economico per alimentare uno Stato-nazione più grande e più oppressivo. In questo modo la politica è cresciuta fino a diventare una caratteristica primaria in molte culture moderne.

L’economia è a monte della politica e della cultura: Economia e Tecnologia (generatori e allocatori volontari di ricchezza) —> Politica e Guerra (consumatori e allocatori involontari di ricchezza) —> Cultura (come gli esseri umani godono della ricchezza creata: un riflesso a valle delle sorgenti economiche, tecnologiche e politiche che sgorgano a monte).

A contribuire al ridimensionamento organizzativo del modello statalista nella nostra concezione moderna di Stato-nazione è stata l’immobilità del capitale. La maggior parte di esso nell’Era industriale era costituito da grandi fabbriche, impianti e attrezzature pesanti che soffrivano di mobilità limitata o nulla. Valutando tutto ciò attraverso la logica della violenza, è evidente che quanto meno mobili sono i capitali, tanto più la “lotta” diventa la strategia dominante. Quando gli oggetti di valore non possono essere spostati o nascosti, l’unica opzione di fronte agli aggressori che avanzano è (tipicamente) difendersi. Al contrario quando il capitale è ipermobile e può essere trasferito in modo rapido, economico e discreto, la strategia dominante è molto spesso la “fuga”. Come ogni altra impresa la violenza è soggetta alla tirannia del calcolo costi-benefici. Il modello dello Stato-nazione era utile in una società industrializzata in cui la maggior parte del valore economico era legato a fabbriche, impianti e attrezzature immobili.

Nell’Era digitale gran parte dei ritorni economici derivanti dalle operazioni su larga scala sono stati compressi dalla mercificazione industriale. La proprietà intellettuale e altre protezioni legali legate al monopolio (a eccezione di quelle che salvaguardano i monopoli sulla violenza e sull’emissione di valuta) sono scadute in molti settori, aumentando l’intensità competitiva e l’innovazione. Di conseguenza nel lungo periodo i prezzi al consumo delle materie prime sono diminuiti, rispecchiando un aumento della ricchezza aggregata. Tali vantaggi economici derivanti dalla mercificazione possono scaturire solo dal libero scambio. In combinazione con la natura fluida dei sistemi informativi meno dipendenti dall’intermediazione e con il crollo dei costi di distribuzione per le aziende moderne, è chiaro che ogni settore che può essere gestito in modo nativo digitale è fortemente incentivato a farlo. Riduzione delle spese immobiliari, di affitto e fiscali; minore dipendenza da beni capitali immobili e su larga scala; una selezione più ampia e qualificata di talenti non locali; capacità di “piegare lo spazio-tempo” sfruttando appieno gli strumenti digitali; tutto ciò  rende l’organizzazione orientata al digitale una forza da non sottovalutare in ogni settore. In breve: una maggiore mobilità dei capitali comporta una maggiore resilienza contro ogni tipo d'imposizione politica.

Come ha affermato Andreessen: “Il software sta divorando il mondo”. Questa proclamazione non si limita all’ecosistema imprenditoriale privato, tutte le istituzioni sociali utilizzate per organizzare gli affari umani sono a rischio di mutamento. Quanto più rigida e imponente è la struttura di potere istituzionale in questione, tanto più è suscettibile alla dissoluzione nell’Era digitale. Gli Stati-nazione e le banche centrali – le istituzioni più grandi e meno flessibili – rischiano di perdere di più nella conseguente trasformazione digitale. L’incapacità, o la riluttanza, ad adattarsi alle preferenze dei consumatori fa sì che le istituzioni meno agili siano svantaggiate in un mondo digitale sempre più facoltativo. Dopo secoli d'infantilizzazione intenzionale dei cittadini per far sì che divenissero dipendenti, e quindi asserviti, alle strutture di potere imposte dall’alto, il modello dello Stato-nazione è invecchiato e si avvia lungo il proprio viale del tramonto. La forza è una strategia meno produttiva quando la fuga di capitali è un’opzione concreta.

Negli anni del tramonto dello Stato-nazione, i governi sono sempre più vulnerabili al collasso improvviso. Non solo soffrono di una diffusa disapprovazione, ma anche i loro modelli di reddito sono direttamente minacciati da Bitcoin. Più i politici e i burocrati tasseranno le loro popolazioni e svaluteranno le loro valute, maggiore sarà l’indignazione morale e maggiore sarà la domanda di una forma di denaro a prova d'inflazione e difficile da tassare. Offrendo alle persone la possibilità di uscire dai regimi fiat delle banche centrali trasformandosi in una “banca decentralizzata” impenetrabile, Bitcoin amplifica la sovranità individuale e fa perdere leva finanziaria alle istituzioni politiche. In un mondo governato dalla politica, le implicazioni del successo finale di Bitcoin sono sismiche.

Forse ancora più significativa della transizione dall’Era agricola a quella industriale, l’Era digitale ci costringe a rivalutare tutto ciò che pensavamo di sapere. Ma quali sono i segnali a cui prestare attenzione mentre si manifesta questo cambiamento storico? Avanzando verso l’ignoto, possiamo tracciare alcuni parallelismi mega-politici con la caduta della Chiesa medievale.


La megapolitica della Chiesa medievale

“La tecnologia sta accelerando una rivoluzione nell’esercizio del potere che distruggerà lo Stato-nazione proprio come la polvere da sparo e la stampa hanno distrutto il monopolio della Chiesa medievale”

~ The Sovereign Individual

Un indicatore importante di un imminente mega cambiamento politico è l’indignazione morale. Di solito tale vetriolo è rivolto ai leader istituzionali ritenuti corrotti, ma man mano che le persone che operano sotto la gerarchia politica in questione diventano consapevoli della sua diminuzione di utilità o rilevanza nella loro vita, iniziano a vedere i responsabili in modo sfavorevole, soprattutto quando è coinvolta l’appropriazione indebita o l’espropriazione di capitali. Senza un’efficace riforma strutturale, questo disfavore può rapidamente trasformarsi in odio e addirittura culminare in un collasso istituzionale.

Dopo il peggioramento delle condizioni economiche e il peggioramento della corruzione istituzionale, la Chiesa medievale iniziò a perdere il sostegno popolare. I membri del clero sia dei ranghi inferiori che di quelli superiori erano tenuti in grande disprezzo dalle masse. Questo spirito, che assomiglia molto all’atteggiamento popolare nei confronti dei politici e dei burocrati di oggi, si sarebbe rivelato un precursore del collasso della Chiesa, ma l’indignazione popolare da sola non fu sufficiente a far crollare l’istituzione dominante dell’epoca. Ad attualizzare il fallimento istituzionale finale della Chiesa fu una tecnologia apparentemente semplice: la macchina da stampa. Oggi diamo per scontati i libri, l’alfabetizzazione e la matematica, ma solo col senno di poi la loro connessione con il collasso istituzionale della Chiesa è diventata evidente.

“La capacità di produrre libri in serie è stata incredibilmente sovversiva per le istituzioni medievali, proprio come la microtecnologia si rivelerà sovversiva per il moderno Stato-nazione. La stampa indebolì rapidamente il monopolio della Chiesa sulla parola di Dio, creando anche un nuovo mercato per l’eresia”

~ The Sovereign Individual

A quel tempo non era ovvio che la stampa avrebbe accelerato la proliferazione dell’alfabetizzazione e della capacità di calcolo in un modo tale da ridisegnare per sempre le linee del potere politico nel mondo. Prima della stampa la Chiesa deteneva il monopolio sui libri tramite gli scriptoria, che le conferivano una stretta mortale sulla quantità e qualità delle idee che fluivano nella società medievale. Nell'ultimo decennio del XV secolo oltre 10 milioni di libri furono pubblicati utilizzando la macchina da stampa, più di quelli stampati nei circa 500 anni precedenti alla sua invenzione. Quando la Chiesa si rese conto della minaccia esistenziale che la stampa rappresentava al suo monopolio sulla produzione di libri, e quindi alla sua influenza sui flussi di conoscenza, tentò di sopprimere questa tecnologia emergente, ma poiché la stampa era solo un’idea, ed era giunto il suo momento, sfidò la repressione e divenne rapidamente un’inarrestabile mega forza politica.

I tentativi della Chiesa di censurare l'adozione della stampa non fecero altro che accelerarne la proliferazione. A testimonianza dell’inarrestabilità di “un’idea il cui tempo è giunto”, la mano pesante della Chiesa portò all’uso di macchine da stampa per stampare libri su “come costruire una macchina da stampa”. La conseguenza involontaria della soppressione tecnologica fu l’alimentazione della sovversione istituzionale. Oggi una dinamica simile vale per la diffusione delle tecnologie basate sulla crittografia: i tentativi dello Stato di sopprimerle incoraggeranno la diffusione e lo sviluppo di una crittografia sempre più sovversiva. Detto in modo semplice: la mano pesante della censura crea una maggiore domanda di strumenti resistenti a essa, diminuendone così la rilevanza.

“La Chiesa scoprì che la censura non aveva soppresso la diffusione della tecnologia sovversiva; le aveva invece permesso d'essere utilizzata nel modo più sovversivo possibile”

~ The Sovereign Individual

Una più ampia disponibilità di libri ridusse i costi di distribuzione delle informazioni e quindi accelerò la diffusione della conoscenza tra le menti umane. Migliorando la “liquidità delle idee”, una maggiore quantità e qualità di pensiero e di pensatori emerse come risultato diretto della stampa. Allo stesso modo oggi la tecnologia digitale ha ancora una volta fatto crollare i costi di distribuzione delle informazioni e sta contribuendo alla crescente irrilevanza delle istituzioni dell’Era analogica. Invece di fidarsi ciecamente delle istituzioni o dei marchi aziendali, le persone, in particolare i nativi digitali, sono molto più propense a svolgere le proprie ricerche prima di prendere una decisione importante sulla salute, sulla ricchezza, o sullo stile di vita. Come la stampa secoli fa, la tecnologia digitale sta ancora una volta facendo crollare il costo dell’informazione, accelerando radicalmente i flussi di conoscenza in tutto il mondo e migliorando la qualità della cognizione.

La macchina da stampa fu il principale propulsore dell’alfabetizzazione, della capacità di calcolo e dello studio autonomo in tutto il mondo medievale. In quel modo la gente poteva avere accesso diretto alla parola di Dio e la necessità di intermediari era diminuita. Ciò ebbe un impatto negativo sulle entrate derivanti dalla ricerca di rendita della Chiesa, come le indulgenze, e contribuì alla sua perdita di potere. In una svolta inaspettata della storia, la stampa alimentò la diffusione dell’alfabetizzazione e della capacità di calcolo che andò a indebolire il dominio della Chiesa. L’alfabetizzazione e la capacità di calcolo – forme indispensabili di psicotecnologia – avrebbero abbassato i “costi di transazione” della condivisione della conoscenza, il che avrebbe migliorato la “liquidità delle idee” e avrebbe portato a una popolazione decisamente più intelligente e con un pensiero indipendente.

“Un’altra conseguenza sovversiva della stampa fu il suo effetto nel ridurre drasticamente i costi di riproduzione delle informazioni. Una delle ragioni principali per cui l’alfabetizzazione e il progresso economico erano stati così bassi durante il Medioevo era l’alto costo della duplicazione manuale dei manoscritti”

~ The Sovereign Individual

A riflettere questo mega cambiamento politico del passato nella sfera della conoscenza sono oggi i media digitali. Per i sovranisti un modello di distribuzione delle idee top-down non è affidabile, accettabile e nemmeno rilevante. Invece la conoscenza utile si ottiene dalle correnti incrociate del libero scambio tra una molteplicità di mezzi tra cui i social media, la messaggistica asincrona peer-to-peer e il cosiddetto dark web intellettuale. Mentre i media generalisti (più propriamente chiamati stampa aziendale) si basano su un modello di distribuzione “uno a molti”, i media nativi digitali sono un modello “molti a molti” e, quindi, sono più efficaci nel filtrare pregiudizi, programmi politici e altre forme di propaganda immesse dalle istituzioni politiche.

In circostanze mega-politiche simili a quelle che hanno portato alla caduta della Chiesa, oggi stiamo assistendo alla tecnologia digitale che dissolve la coerenza dello Stato-nazione tramite l'abbattimento del sistema bancario e la cosiddetta stampa aziendale. Scivolando nell’irrilevanza economica a causa delle perturbazioni (psico)tecnologiche prodotte dalla stampa, la Chiesa cadde gradualmente in disgrazia, portando a un rinascimento scientifico con un’etica incetrata sul motto “non fidarti, verifica” e radicata nel profondo del suo tessuto sociale iper-razionale. Questo ethos pragmatico alla fine avrebbe portato, secoli dopo, all’eclettico frutto finanziario, tecnologico e filosofico noto come Bitcoin. In quanto nuova (psico)tecnologia affascinante, Bitcoin promette di rendere irrilevanti le istituzioni politiche moderne così come accadde alla Chiesa medievale.


Psicotecnologie e politica

“Credo anche – e spero – che la politica e l’economia cesseranno di essere importanti in futuro come lo sono state in passato; verrà il momento in cui la maggior parte delle nostre attuali controversie su questi argomenti sembreranno banali, o prive di significato, come i dibattiti teologici in cui le menti più acute del Medioevo dissiparono le loro energie”

~ Arthur C. Clark

La tecnologia, qui definita come l’uso sistematico di strumenti, modella le azioni quotidiane intraprese dagli esseri umani. Essendo l’unico animale con una concezione sofisticata del tempo, gli esseri umani trascorrono gran parte delle loro ore di veglia impegnati nel lavoro e nei preparativi per un futuro sempre incerto. Il lavoro implica l’uso di strumenti, la realizzazione di strumenti, la realizzazione di strumenti per la fabbricazione di strumenti e così via in processi produttivi sempre più lunghi e complessi. Nel corso di sequenze di produzione sufficientemente lunghe, l’uso ripetitivo degli strumenti favorisce cambiamenti adatattivi negli utenti: un operaio che fa oscillare quotidianamente una mazza svilupperà muscoli e una tecnica di oscillazione eccezionalmente forti; un impiegato d'ufficio che passa le giornate a preparare e-mail svilupperà la capacità di digitare molte parole al minuto, o forse anche la sindrome del tunnel carpale (si veda teoria del coinvolgimento materiale). Ma non tutti gli strumenti e le tecnologie sono tangibili, alcune “tecnologie” sono costrutti puramente mentali e possono, grazie alla neuroplasticità, avere un impatto ancora più pronunciato sull’adattamento umano. Le cosiddette psicotecnologie sono strumenti non corporei che migliorano la produttività umana sistematizzando la cognizione.

Due psicotecnologie ovvie e pervasive sono l’alfabetizzazione e la capacità di calcolo, che insieme facilitano la stragrande maggioranza del pensiero umano, della comunicazione e della tenuta dei registri. Le psicotecnologie meno ovvie includono la retorica (che fu determinante nell’ascesa della politica), i palazzi della memoria e la lettura veloce. Senza alfabetizzazione, il nostro pensiero e la nostra capacità di cooperazione e competizione economica sarebbero drasticamente limitati, portando a una grave diseconomizzazione dell’azione umana. Attraverso l’osservazione di noi stessi e degli altri che agiscono nel tempo, gli esseri umani generano conoscenza procedurale – il sapere “come” – che viene successivamente codificata come conoscenza semantica – il sapere “cosa”. L’alfabetizzazione e la capacità di calcolo migliorano la capacità umana d'immagazzinare e scambiare conoscenza semantica: la rappresentazione simbolica di azioni o eventi nel “mondo reale”. La civiltà è una costruzione di conoscenza semantica accumulata intergenerazionalmente e implementata proceduralmente come lavoro e capitale. In breve: la civiltà si esprime nel modo in cui gli esseri umani agiscono e nelle cose che creano, e questo è stato il motivo per cui la stampa l'ha catapultata in avanti.

Come acceleratore della diffusione delle psicotecnologie fondamentali, la stampa ha inaugurato cambiamenti mega-politici senza precedenti nel mondo. L’evoluzione verso i media digitali porterà a una proliferazione e permutazione ancora maggiore di molte psicotecnologie utili. Ad esempio, grazie alle tecnologie digitali, la parola parlata beneficia ora della stessa portata e permanenza della parola scritta, ma con una distribuzione ancora più efficiente. Di conseguenza il pensiero umano e la rilevanza istituzionale stanno nuovamente subendo un cambiamento rapido e radicale. Vista in questo quadro di trasformazione della cognizione e delle istituzioni sociali, la storia può arrivare a considerare le (psico)tecnologie dell’Era digitale tanto cruciali quanto l’introduzione della stampa. Tra di esse ci sono Internet e Bitcoin, i due elementi che hanno avuto il maggiore impatto.

Un ibrido unico di tecnologia e psicotecnologia, il denaro è tra gli strumenti più basilari e importanti che un essere umano possa maneggiare. Il denaro è una tecnologia nel senso che storicamente (spesso, ma non sempre) ha avuto una manifestazione fisica, come i metalli preziosi o i titoli di Stato. Il denaro è una psicotecnologia nella misura in cui influenza le percezioni, i calcoli e gli orientamenti degli obiettivi umani. Dando a chi lo usa la capacità di eseguire calcoli economici, il denaro è incorporato nel nostro software mentale (basti pensare a quante volte avete pensato in termini di dollari nell’ultima settimana). In quanto linguaggio del valore, il denaro è uno strumento commerciale indispensabile: ci aiuta a comunicare, negoziare e pianificare. Il denaro è un simbolo vivente di puro potere, poiché può essere utilizzato per ottenere i poteri offerti da qualsiasi altro strumento o tecnologia che il mercato possa sopportare. Data la sua fisicità e il suo enorme potere, alcuni gruppi di umani in ogni civiltà hanno ritenuto nel loro interesse acquisire e controllare, in modo violento, i sistemi monetari per imporre il loro dominio politico sugli altri.

Il denaro monopolizzato ha sempre dato maggiore importanza alla politica. Quando i governanti si arrogano l’autorità assoluta di manipolarne l’offerta per arricchirsi a spese dei cittadini, il potere quasi illimitato che questo meccanismo conferisce attrae sempre coloro senza scrupoli affinché prendano il potere. La licenza di “stampare denaro” è un privilegio politico asimmetrico che può essere preservato solo attraverso la violenza e l’inganno. Quando si trascura la “prova di lavoro” necessaria per ottenere denaro sul libero mercato, s'innesca una struttura d'incentivi inevitabilmente destinata a fallire. Le banche centrali distruggono l’etica del lavoro di tutti coloro che traggono beneficio dei proventi rubati attraverso l’inflazione dell’offerta di denaro. Inoltre poiché il denaro denomina i paesaggi di rilevanza collettiva degli attori di mercato, politici e burocrati possono distorcere le percezioni, le valutazioni e la rilevanza economica distorcendo i prezzi. Armate della capacità di manipolare il denaro, le banche centrali hanno il potere di riprogrammare le coscienze umane, come minimo ai margini.

Il denaro è una (psico)tecnologia per eccellenza per il ridimensionamento della società: quando è disaccoppiato dalla fisica della realtà – la termodinamica del lavoro – non può funzionare correttamente. Come la formazione muscolare di un uomo che trascorre la sua carriera facendo oscillare una mazza, o il tunnel carpale di chi scrive un'e-mail, le caratteristiche di una determinata moneta possono plasmare nel tempo determinate qualità di chi la utilizza. Garantendo ai monopolisti una fonte virtualmente illimitata di ricchezza confiscata, la semplice esistenza delle banche centrali incentiva le persone a essere più politiche, in cerca di rendita e disoneste: una corruzione pervasiva che affligge allo stesso modo i responsabili e le vittime dell’inflazione. Senza responsabilità nei confronti delle preferenze degli utenti, tutti coloro che operano all’interno di un paradigma di valuta fiat diventano inquinati e politicizzati. Mentre l’inflazione amplifica i prezzi – i pacchetti di dati che comunicano la scarsità economica – la civiltà soffre e la coesione sociale si disintegra. Il denaro monopolizzato è il meccanismo che alimenta la crescita ipertrofica delle istituzioni politiche in sovrastrutture ideologiche irresponsabili. Uno strumento in grado di “nascondere” le conseguenze dei fallimenti passati impedisce la riallocazione del capitale lontano dalle imprese fallite e impedisce anche agli attori di mercato di apprendere la lezione impartita da tali fallimenti. Senza un’allocazione intelligente del capitale e un apprendimento costante, il progresso continuo della civiltà cessa e le divisioni politiche si allargano.

Una tecnologia monetaria radicalmente nuova, ovvero Bitcoin, rappresenta un diritto di proprietà apolitico. La proprietà è una relazione esclusiva tra proprietario e bene; la preservazione dei diritti di proprietà è responsabilità dello Stato, il che li rende vulnerabili ai capricci, agli artifici e alla corruzione. L’inflazione dell’offerta di valuta fiat e l’esproprio sono violazioni dei diritti di proprietà attraverso mezzi politici. In un’economia basata su Bitcoin, tutto ciò che conta per il vostro potenziale di guadagno è quanto gli altri sono disposti a pagarvi per soddisfare i loro desideri. In altre parole, in un mercato libero sono i consumatori a essere sovrani, non i politici. Il rango militare, l’affiliazione partitica e la vicinanza sociale alla stampante monetaria, visti come determinanti del posizionamento nella gerarchia della ricchezza mondiale, sarebbero in gran parte mitigati in un Bitcoin standard. Eliminando l’inflazione come fonte di finanziamento della guerra, Bitcoin elimina i sistemi di violenza su scala geopolitica. Aumentando il rapporto costi-benefici della confisca della ricchezza, Bitcoin rende la violenza a livello individuale meno gratificante. Poiché la politica si basa sull’utilità del saccheggio, Bitcoin riduce gli incentivi a politicizzare le istituzioni sociali. In quanto capitale ipermobile, Bitcoin offre a chi lo usa il massimo “vantaggio del difensore” nella sfera della proprietà. In questo senso Bitcoin rappresenta l’estinzione della politica come leva dominante del potere nel mondo.

Tutta l’autorità politica si fonda sulla violabilità della proprietà privata. Perché dovrei obbedire ai comandi altrui a meno che non ci sia una minaccia credibile imminente? Che si tratti di tassazione, inflazione, o confisca diretta, il furto della proprietà è oggi l’unica fonte di entrate per gli Stati-nazione. Come rivendicazione su tutte le altre forme di proprietà, il denaro è metaproprietà. Conservato correttamente, Bitcoin è l’unica forma di denaro che non può essere rubata, l’unica proprietà inviolabile. Una forma di denaro che resiste alla confisca in questo modo è un elemento cruciale per costruire una civiltà sostenibile.

“Se la storia potesse insegnarci qualcosa, sarebbe che la proprietà privata è indissolubilmente legata alla civiltà”

~ Ludwig von Mises


Politica con altri mezzi

L’indignazione morale nei confronti di politici, funzionari governativi e burocrati è oggi sempre più evidente. Come per il crollo della Chiesa medievale, questo “canarino nella miniera di carbone” è tipicamente un indicatore affidabile di un imminente cambiamento istituzionale. I lockdown, la minaccia delle vaccinazioni obbligatorie e la dilagante inflazione della valuta fiat sono tutti attacchi palesi alle proprietà dei cittadini. Quando le persone si renderanno conto di questa guerra contro la loro proprietà privata, cercheranno di mantenere l’unica proprietà inattaccabile dalle istituzioni politiche parassitarie. Quando Bitcoin sarà completamente monetizzato, le gerarchie umane si baseranno più sulla competenza piuttosto che sulla coercizione, e il modello di Stato-nazione del XX secolo cadrà finalmente nell’oblio. Alcuni Stati-nazione, come la Nigeria, si stanno già rendendo conto della minaccia esistenziale posta da Bitcoin.

Esso è un’istituzione sociale radicalmente nuova, indipendente dalla politica: ogni nodo sceglie da solo le regole di Bitcoin e non può essere costretto a scelte sfavorevoli. In virtù della resistenza intrinseca della sua rete alla coercizione, Bitcoin premia solo la forza di volontà umana incanalata verso la soddisfazione della domanda dei consumatori, gli unici attori sovrani in qualsiasi libero mercato. Limitando le incursioni degli Stati-nazione e degli attori politici nelle proprietà dei cittadini, Bitcoin dà potere all’imprenditorialità. L’importanza della politica come componente critica dell’identità individuale e di gruppo è una psicosi di massa basata sulla corruttibilità della proprietà privata. In quanto diritto di proprietà incorruttibile e istituzione sociale, Bitcoin annullerà secoli di programmazione politica nelle popolazioni che lo adotteranno.

È sciocco pensare che un particolare politico possa realizzare un cambiamento sistemico duraturo. Nessun essere umano è migliore dei suoi incentivi e i politici sono incentivati a vincere le elezioni a breve termine, indipendentemente dal costo a lungo termine. Nell’Era digitale la fede nel potere politico come costante dell’azione umana non capisce che le leve analogiche da cui i politici dipendono stanno morendo lentamente. Non riuscite a ottenere un permesso per armi da fuoco? Stampate una pistola. Soffrite di tassazione attraverso l'inflazione? Conservate i vostri risparmi in Bitcoin. Lo Stato censura le vostre comunicazioni? Ospitate i vostri contenuti su una piattaforma social immutabile e basata su Lightning Network. Più i politici saranno severi e spremeranno le loro popolazioni, più velocemente i sovranisti scivoleranno tra le loro dita e salperanno verso le acque internazionali digitali. Man mano che il mondo sarà testimone di questa migrazione, la psicosi politica svanirà; l’enfasi sull’identità politica è un’illusione moderna destinata a essere dissipata dal capitale a prova di saccheggio.

Ogni nuovo blocco di Bitcoin è un mattone nel muro di una civiltà apolitica e in cui la coercizione è ridotta al minimo. Ci sarà sempre la politica negli affari umani, ma i modelli di entrate non consensuali degli Sati-nazione, utilizzati per finanziare l’imposizione di decisioni politiche su una popolazione riluttante, sono destinati a crollare in un mondo in cui esiste Bitcoin. E quest'ultimo rimarrà così: una forma di denaro avvolta in una crittografia di livello militare ottimizzata al solo scopo di sopravvivere. Una moneta con regole inviolabili che non può essere confiscata, inflazionata, o fermata: Bitcoin è il segnale acustico dell’imminente crollo dello Stato-nazione dipendente dalla violazione della proprietà privata. Potremmo definirlo un “aggiornamento software” a livello mondiale della (psico)tecnologia chiamata denaro; la grande promessa di Bitcoin è ridimensionare la politica e l’economia della violenza che presuppone.

“La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”

~ Clausewitz, Della guerra

L’autorità politica è una truffa e la sua scomparsa è una buona notizia per gli esseri umani. Quando le regole non possono essere violate e il denaro non può essere rubato, il perseguimento della cooperazione pacifica diventa la strategia più produttiva per tutti. Il denaro inviolabile è l'estinzione della politica e la sua continuazione clausolawitziana: la guerra.

La politica è una psicosi di massa aggravata dalla corruzione dell’importantissima (psico)tecnologia della civiltà: il denaro. Bitcoin è una forma di denaro incorruttibile e quindi porterà all’estinzione della politica. In poche parole: se la politica è la discussione su come applicare la violenza e la coercizione, allora Bitcoin mette fine a tale discussione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/12/sovranismo-parte-1-distruzione-creativa.html

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👉 Qui il link alla Terza Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2024/01/sovranismo-parte-3-mega-politica-la.html

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giovedì 21 marzo 2024

Lasciate fare a Bitcoin

 

 

da Zerohedge

“Lasciatelo fare” è l'espressione che ultimamente usano tutti gli sbarbatelli impertinenti per descrivere qualcuno o qualcosa che non dovrebbe essere interrotto, perché in movimento.

Sappiamo tutti che è stata una settimana mozzafiato per Bitcoin, il quale è salito ben oltre il 20% nel giro di pochi giorni.

Questi movimenti hanno suscitato ancor più interesse per suddetto asset rispetto al lancio degli ETF. Diavolo, anche Morgan Stanley è uscita allo scoperto questa settimana e ha detto che sta pensando di gettarsi sul ring e lanciare un proprio fondo su Bitcoin.

Ho ricevuto numerose telefonate e messaggi e non sono nemmeno un membro di spicco della comunità, né un noto toro di Bitcoin. E quindi non riesco nemmeno a immaginare l’interesse con cui sono stati sommersi massimalisti e sostenitori di lunga data.

Indubbiamente è emozionante, e non riesco nemmeno a immaginare quanto tempo le persone abbiano aspettato per assaporare questo momento, dopo anni di abusi da parte di familiari e disinformati, come me, nonché dubbi generali sull'asset. Ma se c’è una piccola lezione che ho imparato da decenni nei mercati dei capitali, e che credo si possa estendere a tutte le classi di asset, è quella di festeggiare con modestia e prepararsi al peggio.

Potrebbe sembrare la cosa più lontana dalla mente delle persone adesso, ma per me è sempre stato il modo migliore per assaporare il successo. Molte persone che hanno ascoltato il podcast che ho fatto un paio di settimane fa con Peter McCormack sanno che sono state l'arroganza e la superbia ad allontanarmi da Bitcoin all'inizio. Forse è colpa mia se non ho una mente sufficientemente aperta e non ci metto abbastanza del mio: è un errore che mi ha fatto perdere grandi guadagni. Ma oggi parlo come una delle persone che vedono Bitcoin come un successo a lungo termine e sono sinceramente entusiaste di entrare a far parte di tale mondo.

Il mio feed Twitter nell'ultima settimana è stato pieno di persone che festeggiavano trionfalmente, si vantavano e lanciavano strali contro coloro che dubitavano che il prezzo sarebbe mai salito di nuovo. Ecco un esempio: James Lavish, che conosco abbastanza bene da sapere che non gli dispiacerà se lo uso come campione perché sa che lo rispetto da morire.

James ha ragione? Si. Potrebbe finire per avere ragione anche tra 50 anni? Sì, potrebbe. Ma è karmicamente corretto pungolare un orso da $7.700 miliardi? Secondo me, no. Preferirei semplicemente assaporare in silenzio la soddisfazione del momento.

Tutti hanno il diritto di celebrare questa azione di prezzo come preferiscono, ma quello che suggerisco oggi è che, dal punto di vista karmico e psicologico, meno si forza la questione e più umiltà si mostra, più Bitcoin si diffonderà nel resto del mondo in modo uniforme e coerente.

Pensate a questo: festeggiare per aver guadagnato una somma esorbitante di denaro o twittare rabbiosamente il vostro successo non porterà altro che due cose.

  1. Allontanerà le persone come me che pensano che un tale comportamento sia generalmente sinonimo di frode;
  2. Entusiasmerà gli investitori con una sofisticatezza inferiore alla media in cerca di ricchezze veloci e non saranno le mani salde di cui Bitcoin ha bisogno per diventare un successo definitivo.

Quello che sto cercando di dire è di lasciar fare ai mezzi d'informazione quello che sanno fare (generalmente essere inutili e inseguire le storie molto tempo dopo che sono accadute) e lasciare che le persone arrivino alla propria consapevolezza di Bitcoin nello stesso modo in cui ho fatto io: da solo, una volta che non mi sono più sentito soffocato dall'insistenza delle fonti esterne.

Il mio interesse in Bitcoin, in particolare quest'anno, è stato del tutto organico: la copertura giornalistica si era attenuata e avevo bloccato un numero sufficiente di persone che lo pubblicizzavano in modo forsennato, affinché potessi avere un po' di chiarezza e una certa tranquillità al riguardo. È stato così che mi sono seduto a studiare come funzionava, seriamente, per la prima volta in assoluto; è stata questa calma, rilassatezza, tabula rasa che mi hanno permesso di cogliere i concetti relativamente complessi di come funzionava e di crederci come faccio adesso.

Penso che, vista la settimana astronomica che abbiamo appena trascorso, sarebbe meglio “comportarci come se avessimo già visto questo film” e ricordare che a volte più si spinge un'idea, più le persone sono inclini a resistervi soprattutto quando si abbaia contro di esse e le si schernisce. Se Bitcoin avesse una capitalizzazione di mercato da $50.000 miliardi sarebbe una storia diversa, ma siamo ancora nelle fasi iniziali di questo corteggiamento con il resto del mondo e, come ogni buona relazione o amicizia, ci dev'essere un genuino interesse organico. Tutti coloro che in passato sono stati soffocati da un partner o da un amico sanno che ciò non fa altro che creare distorsioni e dinamiche malsane. Cose così delicate non possono essere forzate, ma piuttosto accettate volontariamente come un respiro profondo, lento e deciso.

Questo non vuol dire che non credo che questa settimana sia l'inizio di un'adozione molto più ampia che probabilmente farà salire ulteriormente il prezzo di Bitcoin. Come ho detto nel podcast summenzionato, credo che ci sia almeno uno, se non diversi, stati-nazione che stanno cercando d'inserire Bitcoin nei loro bilanci sovrani, e che questo darà il via a un periodo di Teoria dei giochi negli asset digitali mai visti prima d'ora. Pochi giorni dopo averlo detto, Edward Snowden è uscito allo scoperto e ha scritto la stessa cosa.

Ma in tutta serietà, sappiamo cosa accadrà se il prezzo continuerà a salire: l'entusiasmo continuerà a volare e le persone matureranno lo stesso scetticismo che io ho impiegato un decennio a scrollarmi di dosso. Ma se me lo chiedete, soprattutto considerando il fatto che sappiamo tutti quanto velocemente i movimenti dei prezzi possano spegnere l'entusiasmo, penso che la comunità farebbe bene a concentrarsi meno sull’aumento del prezzo e più su come spiegare chiaramente e comunicare la trasformazione che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi in modo calmo, misurato ed esauriente.

Dopo tutto, con quali persone si vuole affrontare il prossimo ribasso del 20%: maniaci non sofisticati, o investitori misurati che già conoscono e si aspettano la volatilità?

E più tempo dedichiamo a stabilire aspettative ragionevoli che Bitcoin può facilmente superare, invece di fare promesse campate in aria e non offrire risultati soddisfacenti, meno tempo avremo per vantarci di avere ragione. Il viaggio è la ricompensa. Oppure, come dice la Bibbia:

“Quando arriva l'orgoglio, poi arriva la disgrazia, ma con l'umiltà arriva la saggezza”

Proverbi 11:2

Ma penso che se Gesù fosse qui oggi, ci direbbe semplicemente di “lasciar fare a Bitcoin”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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