sabato 6 ottobre 2012

La Teoria Austriaca del Capitale: Perché E' Importante

«E' vero che secondo la teoria della nostra Costituzione tutte le tasse vengono pagate volontariamente, e che il nostro stato è una compagnia di assicurazione alla quale le persone aderiscono volontariamente; ma questa teoria del nostro sistema di governo è del tutto differente da quel che si verifica in pratica. Il fatto è che lo stato, come un bandito di strada, intima alle persone "O la borsa, o la vita!" E molte, se non tutte le tasse, vengono pagate sotto il peso di questa minaccia. Lo stato, in effetti, non tende un agguato ad un uomo in un luogo solitario balzando dal ciglio della strada per puntargli la pistola alla tempia e svuotargli le tasche, ma non per questo la rapina cessa di essere una rapina a tutti gli effetti. Anzi è ben più codarda e vergognosa, perché il bandito di strada assume su di sé tutta la responsabilità, il pericolo e la calamità del suo atto; il bandito non pretende di avere un giusto titolo al vostro denaro, né di volerlo utilizzare a vostro beneficio. Non pretende di essere altro che un onesto disonesto rapinatore. Non è tanto impudente, il bandito, da affermare di essere semplicemente un protettore, di prendere il denaro dei passanti contro la loro volontà solo per essere in grado di proteggere quei viaggiatori che si illudono di essere perfettamente capaci di difendersi da soli, o che non apprezzano il suo peculiare sistema di protezione. Il bandito è un uomo troppo ragionevole per fare affermazioni del genere, per di più una volta che vi ha sottratto il denaro egli vi abbandona. Il bandito non continua a seguirvi lungo la strada, contro la vostra volontà, sostenendo di essere il vostro legittimo sovrano in virtù della protezione che vi accorda. Non continua a proteggervi ordinandovi di spiegarvi ai suoi valori, di servirlo esigendo che facciate questo, proibendovi di fare quello, sottraendovi tutte le volte altro denaro tutte le volte che ritiene che ciò sia nel suo interesse oppure quando ne ha voglia. Ma, naturalmente, spacciandovi che è nel vostro interesse.»

Lysander Spooner
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di Peter Lewin


Con il ritorno della politica economica Keynesiana in risposta alla crisi attuale, si sentono gli echi dei dibattiti del passato — in particolare il dibattito degli anni '30 tra John Maynard Keynes e Friedrich Hayek. Keynes parlava del "capitale sociale" dell'economia. Sosteneva che stimolando la spesa (beni di consumo e servizi) si potevano aumentare gli investimenti produttivi, incrementando così il capitale sociale ed aumentando l'occupazione.

Hayek accusava Keynes di scarsa attenzione sulla natura del capitale nella produzione. (Con il termine "capitale" intendo la struttura fisica della produzione nell'economia, tra cui i macchinari, le costruzioni, le materie prime e il capitale umano — le competenze). Hayek evidenziava che gli investimenti di capitale non si aggiungono semplicemente alla produzione in modo generale, ma piuttosto si concretizzano in beni di investimento concreti. Cioè, il capitale produttivo dell'economia non è semplicemente uno "stock" amorfo di produzione generalizzata, è una struttura complessa di specifici componenti interconnessi e complementari. Stimolare la spesa e gli investimenti, quindi, equivale a stimolare specifiche sezioni e componenti di questa struttura intricata.

La "forma" della produzione viene cambiata stimolando attivamente la spesa. E dato che in un mondo di scarsità le risorse produttive non sono gratuite, questo cambiamento va a scapito dello sforzo produttivo in altre parti. Il modello della produzione va così fuori sincronia con il modello del consumo, e alla fine questo deve portare ad un collasso. I settori produttivi, come le dot-com startup o gli immobili residenziali, diventano "ipercomprati" (mentre altri settori si sviluppano di meno), ed alla fine deve avvenire una "correzione". Aggiungete a questa distorsione il fatto che infine lo stimolo iniziale deve in qualche modo essere pagato, ed arriviamo al bust.

Queste critiche Hayekiane sono ancora una volta rilevanti. È quindi necessario tornare alla natura del capitale per chiarire i problemi. Hayek stava lavorando alle fondamenta che sono state sviluppate dai suoi antenati intellettuali della Scuola Austriaca. In particolare, è la teoria Austriaca del capitale che è rilevante, e dovremmo iniziare con quella.



La Teoria Austriaca

Il più noto teorico Austriaco sul capitale era Eugen von Böhm-Bawerk, anche se il suo maestro Carl Menger è colui che ha lanciato la palla, fornendo l'idea centrale che Böhm-Bawerk elaborò. Böhm-Bawerk produsse tre volumi dedicati allo studio del capitale e degli interessi, rendendo la teoria Austriaca del capitale il suo più noto contributo teorico. Fornì un resoconto dettagliato dei fondamenti della produzione capitalistica. Successivi contributi verranno da Hayek, Ludwig Lachmann, ed Israel Kirzner. Aggiunsero ed arricchirono la posizione di Böhm-Bawerk in modi cruciali. L'eredità che abbiamo ora è un ricco arazzo che si accorda incredibilmente bene con la natura della produzione nell'era dell'informazione digitale. Alcuni partecipanti attuali in questo senso comprendono Peter Klein, Nicolai Foss, Howard Baetjer, e me.

Gli Austriaci sottolineano che la produzione richiede tempo: Più è indiretta, più "tempo" ci vuole. Oggi la produzione è molto più "rotatoria" (termine di Böhm-Bawerk) rispetto ai vecchi tempi in cui i processi di produzione erano più rudimentali. Anziché scegliere i frutti nel nostro cortile e mangiarli, la maggior parte di noi oggi va dalle aziende frutticole che utilizzano macchinari complessi per la raccolta, la cernita ed il confezionamento dei prodotti. Considerare la quantità di "tempo" (per esempio in "persone/ore") coinvolta nella creazione e nell'assemblaggio di tutti i pezzi di questo complesso processo produttivo — da prima della fabbricazione delle macchine e così via. Questo ci dà un'idea di cosa si intenda con metodi di produzione che sono "rotatori."

(Le virgolette sulla parola tempo vengono utilizzate perché in realtà non esiste un modo perfettamente rigoroso per definire la lunghezza di un processo produttivo in termini puramente fisici. Ma, intuitivamente, ciò che viene affermato è che fare le cose in modo più complicato e specializzato è più difficile; in senso lato ci vuole più "tempo" perché è più "rotatorio," più indiretto).



Produzione Più Indiretta

Attraverso innumerevoli decisioni individuali di produzione, abbiamo adottato i metodi più indiretti di produzione perché sono più produttivi — aggiungono più valore — rispetto ai metodi meno indiretti. Se non fosse così, non varrebbero il sacrificio e lo sforzo del "tempo" coinvolto — e verrebbero abbandonati in favore di metodi di produzione più diretti. Quelli che sono al lavoro qui sono i benefici della specializzazione e della divisione del lavoro a cui Adam Smith faceva riferimento. Le economie moderne comprendono processi complessi e specializzati in cui i numerosi passi necessari alla produzione di qualsiasi prodotto sono collegati in una rete sequenzialmente specifica — alcune cose devono essere fatte prima di altre. Esiste una struttura temporale per la struttura del capitale.

Questa intricata struttura temporale è in parte organizzata, in parte spontanea (organica). Ogni processo di produzione è il risultato di qualche piano multiperiodale. Gli imprenditori immaginano la possibilità di fornire (nuovi, migliori, più economici) prodotti ai consumatori le cui spese per realizzarli saranno più che sufficienti a coprire il costo della loro produzione. Nel perseguimento di questa visione, l'imprenditore prevede di assemblare gli elementi patrimoniali necessari in una combinazione sinergica. Queste combinazioni sono moduli strutturali che rappresentano gli ingredienti della struttura del capitale a livello industriale ed economico. Quest'ultimo è il risultato dell'interazione dinamica di molteplici piani imprenditoriali sul mercato; è ciò che costituisce il processo di mercato. Alcuni piani si riveleranno più efficaci di altri, alcuni dovranno essere modificati in una certa misura, altri avranno esito negativo. Ciò che emerge è una struttura che non è pianificata da nessuno nella sua totalità, ma è il risultato di molte azioni individuali nel perseguimento del profitto. Si tratta di una struttura non pianificata che ha una logica, una coerenza. Non è stata progettata e non sarebbe potuta essere progettata da qualsiasi mente umana o commissione. Pensare che sia possibile progettare una struttura simile o addirittura gestirla con la politica della macroeconomia è una presunzione fatale.

La divisione del lavoro riflessa nella struttura del capitale si basa su una divisione della conoscenza. All'interno e tra le imprese vengono eseguiti compiti specializzati da coloro che sanno meglio come realizzarli. Tale conoscenza localizzata, spesso inconsapevole, non può essere comunicata o raccolta da pianificatori centrali. Il processo di mercato è responsabile non solo della scoperta di chi deve fare cosa e come, ma anche come organizzarlo in modo che quelli maggiormente in grado di prendere decisioni siano motivati a farlo. In altre parole, gli incentivi e le considerazioni della conoscenza tendono ad essere in un equilibrio spontaneo tanto da non poter essere programmati su vasta scala. I confini delle imprese si espandono e si contraggono, e nuove forme di organizzazione si evolvono. Anche questo fa parte della struttura del capitale in senso lato.



Divisione della Conoscenza

Inoltre, i beni strumentali eterogenei che compongono le combinazioni di capitale riflettono la divisione della conoscenza. I beni strumentali (come le macchine specializzate) vengono utilizzati perché "sanno" come fare alcune cose importanti: incarnano la conoscenza dei loro progettatori su come svolgere i compiti per i quali sono stati concepiti. L'intera struttura della produzione è quindi basata su una divisione di conoscenze incredibilmente intricata ed estesa, tali conoscenze vengono diffuse attraverso le molteplici componenti del capitale fisico ed umano. La gestione della produzione moderna è più che mai la gestione della conoscenza, sia che coinvolga gli esseri umani o le macchine — la differenza chiave è che queste ultime possono essere di proprietà e non richiedono incentivi per motivare la loro produzione, mentre i primi dipendono dalle "relazioni" ed in possesso di iniziativa e giudizio in un modo che le macchine non hanno.

Quanto detto sopra fornisce le nozioni base del ricco patrimonio della teoria Austriaca del capitale, e dovrebbe essere sufficiente a comunicare le differenze essenziali tra la visione Austriaca dell'economia e quella di altre scuole di pensiero. Per gli Austriaci l'intero approccio macroeconomico è problematico, poiché coinvolge l'uso di aggregati lordi come obiettivi della manipolazione politica — aggregati come il "capitale sociale" dell'economia. Per gli Austriaci non esiste alcun "capitale sociale." Qualsiasi tentativo di aggregare la moltitudine di diversi beni di investimento che partecipano alla produzione in un unico numero è destinato a sfociare in un risultato privo di senso: un numero privo di significato. Allo stesso modo il totale della spesa per gli investimenti non riflette in alcun modo un valore aggiunto che può scaturire da questo "capitale sociale." I valori dei beni strumentali e delle combinazioni di capitale, o delle aziende in cui sono occupati, sono determinati solo da come si svolge il processo di mercato nel tempo. Si basano sulle aspettative degli imprenditori che li impiegano, e queste aspettative sono diverse e spesso incoerenti. Non tutti avranno ragione — anzi la maggior parte, almeno in una certa misura, avrà torto. Sarebbe sciocco basare la politica macroeconomica su un aggregato di beni di investimento assemblati in un certo punto nel tempo. Che cosa sanno i responsabili politici che gli imprenditori coinvolti negli aspetti micro della produzione non sanno?



Capitale ed Occupazione

Si raggiunge la follia collegando gli aggregati di capitale e di investimento all'occupazione totale sotto l'ipotesi che stimolando i primi si stimola la seconda. Tale presupposto ignora l'eterogeneità e la natura strutturale del capitale e del lavoro (capitale umano). Stimolare semplicemente la spesa per un qualsiasi tipo di produzione non garantisce l'occupazione delle persone senza lavoro. Come si spiega altrimenti che la nostra economia attuale è caratterizzata sia da numeri consistenti nella disoccupazione sia da opportunità di lavoro? La loro coesistenza è il risultato di un disallineamento strutturale: La struttura (cioè, il modello delle capacità) del disoccupato non corrisponde a quella richiesta per poter lavorare con gli specifici elementi di capitale che sono attualmente disoccupati.

In realtà l'attuale recessione duratura è fondamentalmente di natura strutturale. E' il bust di un ciclo boom-bust indotto dal credito, di gran lunga intensificato da distorsioni normative della produzione. La teoria Austriaca del ciclo economico venne sviluppata dapprima da Ludwig von Mises, essa unisce intuizioni della teoria Austriaca del capitale e la natura della moderna politica monetaria condotta dalla banca centrale. La teoria venne poi utilizzata, con alcune differenze, da Hayek nei suoi dibattiti con Keynes. Nel corso degli anni la sua popolarità e l'accettazione hanno avuto alti e bassi, ma sembra essere molto importante per la nostra situazione attuale.



Dot-Com ed Altre Bolle

Il boom delle dot-com segnò senza dubbio l'avvento di un nuovo contesto tecnologico pervasivo: l'arrivo e l'espansione dell'era digitale. Era un momento di grandi promesse, di incertezza e di una maggiore assunzione di rischi. I valori contabili astronomici riflettevano aspettative che non potevano essere realizzate. Era inevitabile una drastica ristrutturazione — ed era noto che sarebbe andata così. Faceva parte del processo di mercato. Mentre il boom si ampliava, i tassi di interesse iniziarono ad aumentare, riflettendo l'aumento della domanda di una quantità limitata di fondi mutuabili. Questo, come Hayek avrebbe detto, è il freno naturale dell'economia, il segnale e l'incentivo a rallentare. Ma la Federal Reserve, non volendo rovinare la festa, espanse le riserve in modo da mantenere bassi i tassi di interesse, permettendo così al boom di andare oltre la sua vita "naturale." Quando arrivò il bust era più grande di quanto sarebbe stato se al ciclo fosse stato permesso di fare il suo corso naturale.

Notate come questa storia si accordi con la nostra comprensione della struttura del capitale. Il boom in espansione rifletteva le aspettative di profitto degli imprenditori nella creazione di nuove combinazioni di capitale, solo alcune delle quali si sarebbero dimostrate redditizie. Ma non c'era modo di saperlo prima del tempo. Ecco perché abbiamo bisogno dei mercati. L'aumento dei tassi di interesse e il passare del tempo tenderebbe a rivelare le imprese meno efficienti ed a sradicarle. Mantenere i tassi di interesse artificialmente bassi impedirebbe che ciò accada, soprattutto per quei progetti che erano più sensibili agli interessi — cioè, quelli che avevano un orizzonte di tempo più lungo — o, in senso lato in termini della nostra discussione precedente, per quelli che contenevano più "tempo."

Ma il crollo delle dot-com non ha veramente segnato la fine del ciclo. Gran parte della liquidità extra venne poi diretta nel settore immobiliare, in particolare nell'edilizia residenziale e nelle attività finanziarie basate su di essa. Questo canale d'investimento venne spalancato da una politica congressuale e normativa volta ad espandere le proprietà immobiliari in America. Questa è una storia familiare che non deve essere ripetuta. Il risultato fu un'espansione senza precedenti delle costruzioni di case e dell'acquisto di abitazioni, cavalcando l'onda dello tsunami dei prezzi delle case. Ancora una volta, la struttura della produzione fu spinta fuori dalla sincronizzazione con un modello di consumo sostenibile.

La soluzione, da questo punto di vista, è quella di rimuovere le distorsioni — permettere al processo di mercato di "ristrutturare" la produzione. Ciò significherebbe un lungo periodo di consolidamento del mercato immobiliare, non una politica che cerca di ravvivarlo (far rivivere la bolla?) come stiamo attualmente assistendo. Ma i politici di oggi non hanno il beneficio di conoscere la teoria Austriaca del capitale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. "....una politica che cerca di ravvivarlo (far rivivere la bolla?) come stiamo attualmente assistendo"

    I keynesiani ci andranno a nozze con questo:

    http://online.wsj.com/article/SB10000872396390443768804578038150747630398.html

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  2. Ciao maty.

    Adesso ci facciamo due risate. Leggiamo dal report del BLS:

    "In September, 2.5 million persons were marginally attached to the labor force, essentially unchanged from a year earlier. (These data are not seasonally adjusted.) These individuals were not in the labor force, wanted and were available for work, and had looked for a job sometime in the prior 12 months. They were not counted as unemployed because they had not searched for work in the 4 weeks preceding the survey."

    Ta-daaa! Questi poveracci sono spariti dal conteggio con uno schiocco di dita. Benvenuti ad una nuova puntata di, "Quello che si vede e quello che non si vede." :)

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  3. Difficile fidarsi dell'Austria, che nel suo stemma mostra un'aquila che impugna la falce e martello, che nella sua capitale sfoggia ancora il monumento al soldato sovietico ed una via dedicata a Karl-Marx.

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