martedì 7 marzo 2017

La gigantesca bolla di Donald Trump è prossima allo scoppio





di David Stockman


Ci sono state numerose eruzioni di esuberanza irrazionale da quando Alan Greenspan ha lanciato l'era moderna della pianificazione monetaria centrale in risposta al crollo del mercato azionario nell'ottobre 1987.

Ma la presunta reflazione partorita dopo l'elezione di Trump, è quella che le batte tutte.

Questo perché Donald Trump è destinato ad essere il Grande Sfasciatore della storia — non il presunto salvatore dell'attuale sistema finanziario e delle bolle giganti che sono state generate dai nostri governanti a Wall Street/Washington durante gli ultimi tre decenni.

Queste ultime sono un prodotto di una massiccia inflazione degli asset finanziari alimentata dal debito a buon mercato della FED, di prezzi finanziari falsificati e dell'ondata di speculazione che hanno indotto a Wall Street.

Ma la FED (ed il suo convoglio di banche centrali in tutto il mondo) è finalmente a corto di polvere da sparo asciutta. Se riprenderà il quantitative easing (QE) per contrastare la recessione ormai incipiente, ci sarà un sell-off in preda al panico — alimentando timori nel casinò secondo cui essa "sa" qualcosa che i giocatori d'azzardo non sanno.

Allo stesso modo, se accenna anche minimamente ad un'inversione di rotta verso tassi d'interesse sotto zero, porterà le popolazioni dell'entroterra statunitense, che hanno eletto Donald Trump, a marciare sulla Città Imperiale con torce e forconi.

I risparmiatori ed i pensionati d'America sono già stati aggrediti da 96 mesi di tassi d'interesse a zero (ZIRP), che non ne possono più di vedere i loro risparmi confiscati dagli sciocchi elitari nell'Eccles Building.

In breve, dopo essersi messa all'angolo a causa dello zero bound ed aver gonfiato il suo bilancio — da $900 miliardi a $4,400 miliardi — la FED non ha alcuna possibilità di prevenire la recessione in arrivo o reflazionare i mercati finanziari.

Il mercato dovrebbe essere attualmente in preda al panico, perché è davvero inconcepibile che Trump manderà alla FED altri stampatori folli oltre a quelli che ci sono già, guidati da incompetenti come Janet Yellen.

Ma in una delle gambe rialziste più ridicole mai partorite nelle viscere di Wall Street, i robo-trader sono stati indotti a schiacciare il pulsante "comprare" in base ad una teoria così assurda che neanche il capo del circo mediatico della CNBC, Jim Cramer, avrebbe potuto inventare.

Cioè, l'idea che Donald Trump fosse il secondo Ronald Reagan e che un enorme "stimolo" alimentato a deficit fosse proprio dietro l'angolo.

Non ci sarà nulla di simile.

La presunta reflazione guidata da Trump è la più grande eruzione di esuberanza irrazionale mai vista, perché si è verificata a seguito di un risultato elettorale che rappresenta un ripudio della Finanza delle Bolle da cui ha preso il volo.

La vittoria elettorale di Donald Trump era dovuta al fatto che sin dal 1987 si sono sempre più oscurate le prospettive economiche della nazione ed il futuro della crescita economica.

Sin dall'inizio dell'era Greenspan di Finanza delle Bolle nell'ottobre 1987, il valore delle azioni societarie di proprietà delle famiglie è salito da $1,800 miliardi a quasi $15,000 miliardi, un aumento annuale del 7.5%.

Ciò significa che i valori azionari sono aumentati del 65% più velocemente rispetto all'aumento annuale del 4.5% del PIL nello stesso periodo di 29 anni.

C'è una parola per questo tipo di squilibrio: insostenibile. Qualcuno con almeno un neurone potrebbe pensare che possa durare molto più a lungo?

Ma il più grande vento contrario che si trova di fronte Trump, è il suo programma fiscale incoerente ed irresponsabile. Non si tradurrà in un passaggio senza intoppi dallo "stimolo" della FED al tanto decantato "Stimolo targato Trump", come Wall Street si aspetta così allegramente.

Invece produrrà una conflagrazione politica ed un bagno di sangue fiscale che la Città Imperiale non ha mai visto prima. Trump sta già affrontando l'opposizione del Congresso ai suoi piani di spesa.

Di conseguenza l'attuale euforia nel mercato azionario s'invertirà man mano che i giocatori d'azzardo nel casinò capiranno come stanno davvero le cose. Diventerà evidente che non ci saranno voti al Congresso — repubblicani, democratici o misti — che la Casa Bianca di Trump potrà schierare per conto di profondi tagli fiscali, un notevole aumento della spesa per la difesa, un'enorme programma di spese per infrastrutture, più soldi per i veterani, un controllo delle frontiere, il muro messicano, l'applicazione delle leggi in patria e la sicurezza nazionale — senza contare i programmi sociali come le pensioni, la previdenza sociale e il medicare che risucchiano risorse nel range dei $1,600 miliardi l'anno.

Questo perché l'attuale debito pubblico a quasi $20,000 miliardi crescerà di $1,000 miliardi all'anno fino a $25,000 miliardi durante il primo mandato di Trump, e tutto ciò senza includere nell'equazione un centesimo del tanto sbandierato stimolo di Trump. Aggiungere altri $500 miliardi all'anno o più d'inchiostro rosso, andrebbe veramente al di là del folle.

Questo vale anche per gli spendaccioni che abitano la Città Imperiale, — soprattutto quando realizzeranno che i bond vigilantes non si sono estinti nel 1994, ma si sono abbandonati in un lungo letargo che ormai è finito.

Quindi, a meno che Trump non riesca a fare l'impossibile — fare in modo che il Congresso aumenti il tetto del debito pubblico a $25,000 miliardi o più — il suo programma di stimolo fiscale è morto.

Scomparirà in mezzo a battaglie di bilancio senza fine e shutdown di comparti statali che faranno sembrare una scampagnata i fuochi d'artificio di bilancio dell'agosto 2011.

E questo ci riporta all'idea che il boom di Reagan del 1983-1984 possa essere replicato da un ravvio del ciclo economico. Il fatto è che l'evento originale non fu affatto un miracolo dal lato dell'offerta.

È stata un'eruzione di "prestiti e spese" che dipendeva da una massiccia espansione del deficit federale dal 2% del PIL nel quadro del bilancio di Carter ad un 5-6% del PIL durante il primo mandato di Reagan.

Anche allora, il celebre boom durante il 1983-1984 non era lontanamente quello immaginato dai supply-sider all'interno del team di Trump come Stephen Moore e Larry Kudlow.

Durante i quattro trimestri del 1983 fino al secondo trimestre del 1984, il 27% della crescita reale del PIL (7.8%) rappresentava un'enorme ricostituzione una tantum delle scorte aziendali — se non si contava il livello dei tassi d'interesse al 20% durante la battaglia del 1980-1982 contro l'inflazione.

Questo non è lontanamente rilevante oggi, perché le scorte si attestano ai massimi ciclici ed è praticamente certo che verranno liquidate — non ricostituite — nel futuro prossimo. Inoltre gli investimenti negli Stati Uniti non contribuirono affatto al cosiddetto boom di Reagan.

Durante questo intervallo ci fu anche l'impennata del valore degli immobili, perché i tassi dei mutui stavano precipitando grazie alla campagna anti-inflazione di Volcker.

Dopo 8 anni di ZIRP, i tassi dei mutui sono ora in aumento, e non scenderanno per niente. Infatti l'aumento dei tassi d'interesse di 100 punti base sin dai minimi della scorsa estate, ha già messo uno stop al tiepido tasso d'attività edilizia residenziale rappresentato da nuovi acquisti contrattuali e nuovi permessi.

Infine, quando iniziò il boom di Reagan, il rapporto prezzo/utili (PE) del mercato azionario era stato abbattuto ad una sola cifra rispetto al decennio precedente in cui l'inflazione imperversava indomita. Quindi non poteva far altro che salire — l'opposto del multiplo del 25X di oggi, il quale strizza l'occhiolino al rapporti PE normalmente associati a quelli dei precedenti crolli di mercato.

In breve, solo gli sciocchi potevano credere al recente rally nel mercato azionario partorito la notte stessa delle ultime elezioni presidenziali, in cui il casinò di Wall Street ha puntato su Trump senza dare peso al suo programma. Sarà un brusco risveglio.

È questo il momento migliore per vendere, vendere, vendere!

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Siccome non costa nulla, prevedo che il Congresso approverà il tetto del debito a 25000 o magari a 30000$.
    È una decisione politica e né i Rep, né i lobbisti, né i crony capitalist si lasceranno sfuggire una occasione di profitto come quella promessa da Trump. Che è un caratteriale, ma da uomo d'affari navigato, sa che pecunia non olet e che il Potere si regge sul piombo e sulle bombe atomiche.

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    1. Ciao Dna.

      Non potevo lasciare non commentato questo tuo pensiero e mi sono preso un po' di tempo. Visto che lo stato tende a perpetrare sé stesso qualsiasi siano i colori temporaneamente al suo governo, è lecito aspettarsi che anche stavolta le cose non siano diverse. Perché? Perché a quanto pare siamo immersi in una costante e progressiva race to debase in cui vincerà solo chi riuscirà a fregare più degli altri. Questo significa rinunciare, però, ad un privilegio come non pochi: vivere al massimo col minimo sforzo. L'apparato statale fornisce questo incentivo e dato che gli esseri umani reagiscono agli incentivi, siano essi positivi che negativi, lasciarsi scappare un'occasione del genere è quantomeno da stupidi. È di gran lunga migliore un flusso piccolo ma regolare di ricchezza.

      Questo i pianificatori centrali lo sanno, ma nel frattempo hanno ignorato l'erosione del bacino della ricchezza reale pensando di poter rimandare nel tempo il momento in cui si sarebbero dovuto prendere decisioni drastiche riguardo la sopravvivenza dello stato. Il motto era: "C'avrebbe pensato qualcun altro." Lo stato è come un labirinto di specchi e la percezione di cosa è reale viene distorta da una semantica ribaltata. Ciò non cambia lo stato reale delle cose: l'economia mondiale è in stagflazione e la credibilità nelle istituzioni è ai minimi storici. Perché? Perché la percezione distorta con cui veniva ingannata la maggior parte delle persone è stata immolata sull'altare di suddetto privilegio: vivere al massimo col minimo sforzo. Perché? Perché lo stato non è capace di operare un calcolo economico in accordo con le forze di mercato, quindi deve parassitare porzioni crescenti della società per entrare in possesso delle risorse scarse.

      Ecco perché non esistono più le figure carismatiche di una volta: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2012/05/leadership-mancante.html. Ecco perché non emergono più leader in grado di trascinare le masse: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2013/01/la-perdita-di-fiducia-nei-leader.html. Tutta la retorica è stata immolata sull'altare di suddetto privilegio. Ma gli elettori non sono stupidi. Se ne sono accorti. Ecco perché Trump è nei guai: qualora spingesse per aumentare o sospendere il tetto del debito pubblico rinnegherà le basi su cui è stato eletto e rinnegherà sé stesso. E questo lo sa anche il partito repubblicano, il quale si spezzerà in tante piccole fazioni per cercare di trattenere quella credibilità che sta lentamente scemando. Inoltre pensate che dopo la campagna mediatica i democratici possano, nell'eventualità, "andare a nozze" con un piano di Trump per sospendere o alzare il tetto del debito? Non esiste.

      Già il piano per abrogare l'Obamacare sta naufragando, con lo Speaker Ryan intenzionato a presentare un piano che lascerà intatti i costi del Medicaid a $5,500 miliardi nei prossimi dieci anni. Con quali soldi? Le entrate federali stanno urlando "recessione". L'impasse, quindi, che si staglia davanti al governo USA è monumentale e una volta che anche Wall Street se ne accorgerà, potremo dire finalmente addio all'attuale mania nel mercato azionario.

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